Il discorso è come un pezzo musicale: c'è il testo, la melodia e l'arrangiamento. Ma l'essenza rimane il testo e la melodia: la canzone.
Il canto a cappella esalta la canzone, perché manca qualunque tipo di accompagnamento, quindi c’è solo la voce a sostenere le parole in armonia con la melodia. La sua ritmica e la sua metrica sono già sufficienti per emozionare e farne apprezzare la bellezza. Poi c'è l'ascolto acustico, dove l'essenzialità dell'arrangiamento si riduce anche a un singolo strumento che accompagna la canzone, la sottolinea appena, mette qualche accento qua e là, ma non la snatura mai, non la sovrasta, non si appropria della canzone che resta sempre protagonista.
Quando subentra l’arrangiamento completo le cose cambiano.
Per esempio, conosciamo tutti la famosa canzone: “Perdere l’amore”. Forse non tutti sanno che prima di essere portata al successo dalla magistrale interpretazione di Massimo Ranieri, aggiudicandosi anche il primo posto a Sanremo, venne scartata proprio a Sanremo l’anno prima. Non entrò nemmeno in competizione. Aveva un arrangiamento un po’ diverso ed era interpretata da Gianni Nazzaro, altra gran voce di un tempo e sfortunata sul finire.
Scartata l’anno prima, e addirittura vincente l’anno dopo. Sembra incredibile.
L’arrangiamento ha colpito ancora. Dell’arrangiamento qui faceva parte anche l’interprete, un interprete gigante e bravissimo come Ranieri, magari con anche una più solida etichetta musicale alle spalle, una commissione giudicante più attenta o favorevole. Chi lo sa. Ma poco importa. Quello che importa è che la canzone era la stessa, ed era bella entrambi gli anni. Ma ha prevalso l’arrangiamento, che come avrete compreso non è solo questione di strumenti e armonie musicali ma rappresenta l’insieme di ciò che veste la canzone e la giudica.
Non la canzone, ma chi ve la canta e ve la suona. Tenete a mente.
Nel discorso la canzone è il contenuto; mentre l’arrangiamento è l’autore, il suo stile narrativo, i contesti trasversali, la retorica, i lettori. Come nella canzone può accadere che questa sia bella e gradevole, o addirittura un capolavoro, ma l’arrangiamento può risultare stonato in qualcuna o tutte le sue parti. E questo può essere tanto vero quanto falso.
Tornando alle canzoni, anche se non nel mio genere preferito, potrei dirvi che gradisco la semplicità e leggerezza delle canzoni di Battisti-Mogol. Però mi convincono di più quando le interpretano altri, anziché Lucio Battisti stesso. Mentre non riescono a piacermi le canzoni di Lucio Dalla o De André interpretate da altri. Né posso digerire le imitazioni di Freddie Mercury. E andrei avanti per ore.
Ho gradimenti e pregiudizi, insomma. Immagino sia così anche per voi, su qualche artista che vi capita di ascoltare.
Questo mio discorso lo state gradendo? Secondo voi è ben arrangiato? E ricordate che anche voi fate parte dell’arrangiamento.
Può darsi che io stia scrivendo cose intelligenti, o enormi stupidaggini; può darsi che ci sia del contenuto, o sono semplici banalità che vi stanno rubando del tempo. Ma la differenza in tutto questo la facciamo in due: io e voi. Uno sconosciuto e voi che leggete, con le vostre preferenze. Nemmeno l’apprezzamento narrativo può essere subito incasellato se manca un’esperienza di lettura più ampia su altri testi dell’autore. E questo è già sufficiente per sottrarre attenzione, ed eventuale pregio, al contenuto.
A tutto questo bisogna fare attenzione.
Ma anche al contrario, se si conferisce pregio e attenzione a contenuti immeritevoli, perché l’arrangiamento suona bene. L’autore è noto, il tema già condiviso o astrattamente condivisibile, il modello rispecchia le proprie inclinazioni, e così via. Il contenuto è dissacrato.
Quindi chissà io cosa starei scrivendo, per voi che in questo momento leggete.
Nel discorso, il contenuto è sacro, come il testo e la melodia della canzone. Prevale sull’autore, sullo stile, e perfino sugli errori di esecuzione. L’attenzione per il contenuto, la sua comprensione, deve andare oltre fioriture linguistiche, modi espressivi, alterigia o eccessiva assertività, e intercettare la retorica fuorviante, la demagogia, la disonestà intellettuale. Tutte cose che possono disturbare, o addirittura essere gradite, ma comunque bisogna filtrare e intercettare. Tutto ciò che è esclusivamente contenuto.
Cosa sta cercando di comunicare l’autore?
Dovremmo arrivare a considerare l’interesse per il contenuto come quello per la poesia, che è libera anche dalla melodia: non è più canzone ma puro testo. Solo parole. Parole che hanno bisogno di essere esplorate da ogni angolazione, comprese intimamente e senza pregiudizi, nel bene e nel male, senza mai espropriarle al pensiero dell’autore. Si deve riuscire ad apprezzare la canzone dell’artista più odiato, perché finalmente ha scritto un pezzo piacevole. E si deve apprezzare un contenuto valido dal peggior autore venduto e fazioso mai conosciuto. E viceversa non accettare ciò che non piace perché ben promosso, costruito, dell’autore preferito o seguito.
L’arrangiamento può diventare un orpello ingenuo o artificioso che maschera la realtà, e dobbiamo imparare a scorporarlo dal resto: dal testo e dalla melodia, se è canzone; dal contenuto, se è discorso. E trarne l’essenza come nella poesia.
Ecco dove si cela la radice della discordia in un discorso. E’ nei nostri pregiudizi del gradire o disprezzare l’arrangiamento ancor prima del contenuto.
Sappiate - e lo sapete certamente - che nella maggior parte dei casi nessuno bada al testo. Checché se ne dica prevalgono i pregiudizi, e quindi la discordia vince in partenza. Il rifiuto di capire, di addentrarsi nel contenuto è l’atteggiamento più tipico. E ne avete un chiaro riscontro nei “discorsi da social”, dove l’insulto è facile e lo sforzo a comprendersi un miraggio.
Il tutto perché ci deve piacere l’arrangiamento! Ecco. Basta ricordarsi di questo e iniziare a fare qualche sforzo per andare oltre.
Base foto: yunje5054 da Pixabay
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