Il governo delle divisioni

Il governo delle divisioni

Ieri è successa una cosa inedita. In diversi comuni non ci sono state le solite attività commemorative del 25 aprile. In tante aree del paese guidate da amministrazioni di centro-destra si è dato corso a una specie di offensiva che tende a ridimensionare, e magari cancellare, la Festa della Liberazione. Una festa nazionale - ieri era il 79° anniversario - in cui non si lavora e si celebra la caduta del fascismo, per avere anche memoria di quel madornale errore e non ripeterlo mai più.

A questo servono le giornate della memoria, le commemorazioni, che diventano anche momento di gioia per esserne venuti a capo.

Non vi dirò nulla di quanto avrete già ampiamente letto e sentito in questi giorni. Non c’è bisogno di ripercorrere ogni volta la storia, i fatti, gli orrori, i torti e le ragioni, e financo trovare sempre piccole o grandi giustificazioni o accuse.

Voglio partire dalle parole della premier Meloni, che nel suo discorso di ieri ha tra l’altro detto: «La fine del fascismo pose le basi della democrazia». E’ una cosa assolutamente vera. Tutti dobbiamo plaudire a queste parole. La democrazia è dunque cosa buona, che è stato possibile far nascere solo deponendo quell’orrifico regime fascista. Ci dice la premier Meloni.

E ricordiamo anche chi erano i fascisti nella loro vita quotidiana, attraverso le parole di Ennio Flaiano che quel periodo l’ha vissuto.

Il Fascismo conviene agli italiani perché è nella loro natura e racchiude le loro aspirazioni, esalta i loro odi, rassicura la loro inferiorità. Il Fascismo è demagogico ma padronale, retorico, xenofobo, odiatore di culture, spregiatore della libertà e della giustizia, oppressore dei deboli, servo dei forti, sempre pronto a indicare negli 'altri' le cause della sua impotenza o sconfitta.

Il fascismo è lirico, gerontofobo, teppista se occorre, stupido sempre, ma alacre, plagiatore, manierista. Non ama la natura, perché identifica la natura nella vita di campagna, cioè nella vita dei servi; ma è cafone, cioè ha le spocchie del servo arricchito. Odia gli animali, non ha senso dell'arte, non ama la solitudine, né rispetta il vicino, il quale d'altronde non rispetta lui.

Non ama l'amore, ma il possesso. Non ha senso religioso, ma vede nella religione il baluardo per impedire agli altri l'ascesa al potere. Intimamente crede in Dio, ma come ente col quale ha stabilito un concordato, do ut des. È superstizioso, vuole essere libero di fare quel che gli pare, specialmente se a danno o a fastidio degli altri. Il fascista è disposto a tutto purché gli si conceda che lui è il padrone, il padre.

–da: ENNIO FLAIANO, Don't Forget, 1976 (Scritti postumi, Milano, Bompiani 1998)

Alla frase della presidente del consiglio dobbiamo però porre un quesito: chi mise fine al fascismo? Cioè chi fece questa cosa buona che favorì la nascita della democrazia, attraverso il suo primo e straordinario atto che fu la scrittura della nostra bellissima Costituzione.

Chi è stato? La premier non ce l’ha detto; forse perché lo ritiene scontato.

Furono una considerevole parte di italiani che non esitò a contrastare con ogni mezzo l’ascesa e il consolidamento di quel regime, facendo ciò che poteva, e in tutti i modi che poteva, anche imbracciando le armi, e combattendo contro i fascisti assieme, poi, agli alleati guidati dagli americani. La resistenza italiana! Furono loro che permisero di far acquisire all’Italia un ruolo meno grave e disonorevole dell’essere stati semplici sconfitti, come invece accadde alla Germania: occupata, divisa, smembrata, da russi e americani.

Ma permettetemi anche una piccola parentesi per illuminare un po’ meglio il diverso destino delle due nazioni.

I tedeschi sono persone estremamente determinate, concrete e unite: nel bene e nel male. Hanno seguito fino all’ultimo, con irrilevanti schermaglie di contrasto, il loro regime nazista, sccombenendo come popolo insieme al regime. Ma quella stessa unione e potente materialismo e concretezza, che per certi versi ricorda anche il rigore e la disciplina dei giapponesi, le ha poi permesso di rialzarsi e diventare nuovamente la seconda potenza europea (dopo gli inglesi), la prima dell’UE. Gli italiani, invece, molto più individualisti, critici e idealisti, hanno potuto sganciarsi con maggiore facilità e rapidità dal regime fascista (incalzanti soprattutto durante la guerra), chiudendo quell’epoca in posizione nettamente migliore della devastata Germania. Dopo hanno proceduto con molta più lentezza nella ricostruzione economica e identitaria, per le stesse ragioni che ne connotano quella natura e cultura di popolo estremamente individualista, critico, idealista.

I tedeschi, insomma, una volta presa una decisione vanno avanti a testa bassa. All’opposto degli italiani, che mettono in discussione anche quello che hanno deciso il giorno prima. E ciò ha pregi e difetti in entrambi i casi (in medio stat virtus: e in questo insegnano gli inglesi, forse).

Chiusa la parentesi.

Tornando alla resistenza italiana al fascismo, chiediamoci ora con quale altra parola sintetica la potremmo riassumere. Essendo stata la resistenza un sentimento contrario a quell’ideologia fascista sembra abbastanza ovvio poter definire tale sentimento antifascismo. Ed è altrettanto ovvio e corretto poter dire che chiunque oggi condivida tale sentimento sia anch’eggli un antifascista. Antifascista è oggi OGNI persona che solidarizza, ricorda e commemora chi ha lottato ed è morto per porre fine al fascismo. Porre fine… proprio come ha detto la premier Meloni.

Chi ha lottato ed è morto. Siano state esse persone borghesi, nobili dell’epoca, imprenditori, medici, comunisti, professionisti, preti, operai, liberali, sindacalisti, fascisti pentiti, e ogni altra anima di quella resistenza antifascista italiana: I PARTIGIANI. Oggi doverosamente da commemorare come italiani antifascisti, perché per nostra fortuna dobbiamo solo RICORDARE, e non più resistere e combattere.

Quindi la frase della nostra premier potrebbe diventare (rectius: è sottinteso che sia) la seguente: «La fine del fascismo cui hanno contribuito i partigiani, pose le basi della democrazia», o in maniera ancora più neutra: «La fine del fascismo cui hanno contribuito gli ANTIFASCISTI, pose le basi della democrazia».

Ed è semplicissimo capire come tutto ciò porti alla lampante conseguenza che l’Italia è Anfiascista. L’Italia di ieri, che ha resistito e combattuto: l’Italia di oggi, che ripudia il fascismo e ogni forma di totalitarismo. ricordandolo ogni anno attraverso il 25 APRILE!

Davvero semplicissimo.

E se l’Italia è antifascista, è ovvio che tutti noi, italiani, dovremmo professarci serenamente e convintamente antifascisti, onorando chi ha combattuto e festeggiando quella vittoria. Invece parecchi cittadini sono partiti per la tangente, e siamo anche arrivati al boicottaggio politico di questa ricorrenza.

Accadrebbe perché la destra - ora al governo - non vuole proclamarsi antifascista.

Accadrebbe perché la destra sta facendo di tutto per sminurire e ridicolizzare il termine antifascista.

Accadrebbe perché i giornali di destra, come Libero, il Giornale, il Secolo d’Italia, La Verità, il blog di Nicola Porro, le tramissioni e talk filo gogernativi, e la propaganda sui social, fanno da eco continuo e increbilmente arrogante a questa ridicolizzazione.

Accadrebbe perché Giorgia Meloni risulta ipocrita nel temere di infilare quel termine perfino nel suo discorso di ieri, dove preferisce dire semplicemente “fine del fascismo”, come se fosse accaduto per magia.

Accadrebbe perché i cittadini elettori della destra vengono così spronati a dividersi dal resto del paese e formare un fronte ostile e fortemente odiatore (si veda sui social cosa sta avvenendo) contro altri cittadini che (anche a destra!) si proclamano serenamente antifascisti.

Si può accettare tutto questo?

Magari non è l’alba del nuovo fascismo, ma di sicuro questa destra pare amare e simpatizzare per quel fascismo che è stato, e dal quale non vuole prendere le distanze nell’unico modo possibile: abiurando al fascismo come fece definitivamente e inequivocabilmente Gianfranco Fini, erede del MSI, dichiarando che all’epoca del fascismo sarebbe stato un rivoluzionario e si sarebbe schierato con gli antifascisti. Questo causò molti mal di pancia in Alleanza Nazionale, ma Fini ebbe quel coraggio ed occorre riconoscerlo. Un coraggio, e una responsabilità, che gli odierni Fratelli d’Italia capeggiati dalla Meloni non avvertono e tramutano in una politica divisoria dell’odio, colpevolmente sostenuti da Forza Italia e dalla Lega.

E questo è già gravissimo, inaccettabile. Non serve il fascismo in concreto.

Difendiamo la memoria, difendiamo il 25 aprile, difendiamo l’antifascismo, Rileggiamo, tante volte anche, il pensiero del nostro Presidente Sergio Mattarella, pronunciato proprio ieri a Civitella Val di Chiana, di cui riporto un minuscolo frammento.

[...] Aggiungo - utilizzando parole pronunciate da Aldo Moro nel 1975 - che “intorno all’antifascismo è possibile e doverosa l’unità popolare, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico, la libera e mutevole articolazione delle maggioranze e delle minoranze nel gioco democratico”.

A differenza dei loro nemici, imbevuti del culto macabro della morte e della guerra, i patrioti della Resistenza fecero uso delle armi perché un giorno queste tacessero e il mondo fosse finalmente contrassegnato dalla pace, dalla libertà, dalla giustizia.

cfr: https://quirinale.it/elementi/110962

Ricordiamoci anche di cosa diceva Umberto Eco (non certo intellettuale di sinistra) a proposito della sua teoria riflessiva sul pericoloso “fascismo eterno”. (cfr: Conferenza di Eco alla Columbia University, 1995).

Base foto: dal Web, autore ignoto (non identificato)

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P. Giovanni Vullo

In questa navicella spaziale, vado in giro a fare scoperte. Provo a capire come funziona. E ve lo racconto.