«…E lei dica di essere anticomunista!»

«…E lei dica di essere anticomunista!»

Oggi va di moda questa strana richiesta da parte di alte cariche dell’attuale governo, perché pare avvertano un qualche disagio dietro alla richiesta di dichiararsi antifascisti. E allora loro incalzano: «E lei dica di essere anticomunista!» (in ultimo Sangiuliano, ministro della “cultura”).

Alla fine mi sono incuriosito e vorrei provare a comprendere meglio la questione.

La richiesta è diventata particolarmente pressante anche dal fronte dei sostenitori di questi politici: persone di ogni genere che si dichiarano fieramente anticomuniste e si indispettiscono con chiunque non lo faccia. Uno scontro sempre più acceso di violenza verbale senza precedenti tra persone comuni. Non è più possibile dire «sono antifascista» perché si viene presi a brutte parole o è pretesa sempre quell’altra dichiarazione del dover essere anche anticomunisti.

Per capire le ragioni di questa completa deriva della razionalità di alcuni umani, mi sto convincendo che costoro provino semplicemente imbarazzo nel sentire qualcuno che si dichiara antifascista. Devono dargli ragione, e probabilmente non lo gradiscono. Quindi l’imbarazzo si traduce in rabbia e desiderio di rivalsa, individuando nel comunismo un argomento che faccia altrettanto male all’interlocutore stolto, l’antagonista che vuole mantenere sempre viva l’attenzione sui pericoli dell’antica fede fascista. Ricordare il male dovrebbe essere sempre cosa buona e giusta; è per tale ragione si commemorano gli avvenimenti più brutali affinché certi errori non si ripetano.

Forse a qualcuno piacerebbe ripeterli?

Perché sembra assai biasimevole che si possa avvertire disagio e rabbia. La parola “antifascista” non dovrebbe assolutamente provocare fastidio, altrimenti esiste indubbiamente una qualche simpatia per quel movimento politico criminale, quale fu appunto il fascismo. Simpatie magari inconsce che nascono e si alimentano anche attraverso l’irresponsabilità di qualche soggetto politico (ut supra!), di cui taluni sono diventati fedelissimi seguaci e tifosi alla stregua di una squadra di calcio, sicché le influenze vengono poi assorbite in maniera totalmente acritica.

E’ necessario un piccolo esame di coscienza. E chi riscontrasse davvero di provare fastidio nel dichiararsi antifascista, corra subito ai ripari! Lo detesti intensamente, per come fanno tutti. Da quel momento non avvertirà più l’insensata esigenza dell’incalzare l’interlocutore con quel: «Ah si?! E tu dichiarati anticomunsita!».

Si può essere serenamente insensibili al comunismo, purché si comprenda che non è la stessa cosa dell’essere contrari al fascismo. Quest’ultimo è un obbligo!

State storcendo il naso?

Allora abbiamo un ulteriore problema. Oltre a quella recondita simpatia che vi pregherei di combattere seriamente e vincere, magari qualcuno potrebbe perfino ritenere il comunismo della stessa risma criminale del fascismo.

Se il problema fosse questo, ragioniamoci.

Il nocciolo della questione è quasi sempre l’associazione tra l’ideologia comunista e il regime dell’ex URSS, con il suo PCUS (Partito Comunista dell’Unione Sovietica), nonché con il regime comunista nella Cina di Mao, e altri minori nel mondo. Assieme fecero più morti loro che il nazifascismo.

Ma l’associazione tra l’ideologia comunista e questi regimi è completamente fuori luogo. Lenin, Stalin, Mao, e altri dittatori “comunisti” sparsi per il mondo, erano tiranni sanguinari che non hanno commesso i loro crimini per conseguenza dell’applicazione dell'ideologia comunista, ma proprio perché erano dei tiranni. Certamente paragonabili a Hitler e Mussolini (come anche Franco, Salazar e Pétain), ma con la differenza che questi ultimi - invece! - commisero i loro crimini per diretta conseguenza dell’applicazione dell’ideologia nazifascista.

Per dirla in breve, un dittatore nazifascista è sanguinario perché ce l’ha scritto nello statuto del partito, mentre un dittatore comunista se lo inventa di sana pianta perché ce l’ha nel sangue. La differenza è abissale e la fanno quindi le due scuole di pensiero: quella nazifascista e quella comunista.

Un'altra notevole differenza è l’impalcatura sulla quale si possono reggere i due sistemi. Il nazifascismo è totalmente incompatibile con la democrazia (la rifiuta esplicitamente!), e dunque prevede solo regimi totalitari; mentre il comunismo è pienamente compatibile con la democrazia, sebbene il comunismo democratico non abbia mai visto molta luce. In Italia, ad esempio, vi fu l’iniziale esperienza col PCI di Togliatti (padre costituente) membro però di una coalizione di unità nazionale nel dopoguerra. Molto più tardi ricorderemo il comunista Massimo Dalema al governo in solitaria, nella breve esperienza che traghettava il vecchio PCI nel nuovo PDS, nella seconda repubblica dopo gli anni di tangentopoli. A livello esperienziale non c’è stato nulla di molto diverso nel resto del mondo, tale da far dimenticare quei “comunisti” che invece usarono sistemi totalitari e sanguinari.

Il comunismo ha molte anime ma tutte connesse all’egualitarismo estremo, nient’altro che questo, ridotto all’osso. Personalmente trovo affascinante e degna di studio l’idea di un’uguaglianza così spinta. Non sono per nulla esaurite le riflessioni attorno al suo pensiero fondante teso a svelarne i più profondi significati, in una storia che si perde tra i millenni sotto altri nomi ed esperienze.

E’ fondamentale contrastarlo e filtrarlo attraverso linee di pensiero che seguono il rigore dell’etica, morale filosofica universale incisa nel DNA umano, di cui anche Kant tesseva lodi, ma partendo da Aristotele e finendo al giusnaturalismo di Rousseau. All’ideologia comunista bisogna far fare i conti con tutto questo e anche con lo stato dell’arte della scienza, e ci accorgiamo che emergono spesso tratti distintivi e significativi del comunismo stesso. Personalmente non potrei mai ignorare tutto ciò. Figuriamoci, poi, dichiararmi anticomunista. Sarebbe per me l’equivalente di una bestemmia. Semmai occorre trovarne la chiave falsificante, per vincere anche la critica di Popper sulla non falsificabilità del comunismo in senso stretto.

Popper si rivolgeva a Marx, per esempio. Attorno alle teorie marxiste, influenzate anche da Hegel, Voltaire, Lessing e molti altri filosofi del tempo, esiste un universo composto da centinaia di studi e ricerche di critica e approfondimento del suo pensiero. E vorremmo paragonare tutto ciò a dei crimini? Ecco che la “bestemmia” diventerebbe ancora più oggettiva.

Dire comunismo o dire marxismo, oggi, è la medesima cosa. Proprio con Marx, assieme al suo grande amico (e finanziatore) Engels, prende forma la definizione del termine comunismo, attraverso il “Manifesto del Partito Comunista” del 1848. Prima si potevano solo apprezzare situazioni che ricordavano il comunismo circolando attraverso l’affine era del socialismo. Marx lo mise a punto anche attraverso la sua famosa opera del “Capitale” premettendo come sistema imprescindibile del comunismo la libertà. Marx non disprezzava il capitalismo in chiave di organizzazione libertaria, e principalmente si concentrava sul possesso collettivo dei mezzi di produzione e non sulla completa abolizione della proprietà, se non quella cosiddetta borghese.

Sono letture impegnative, me ne rendo conto. Ma se non vengono fatte non si comprenderà mai come funziona il comunismo marxista. E questo non è altro che l'interpretazione ed evoluzione del comunismo storico più antico, che attraverso i secoli arriverebbe a portarci all’epoca di Gesù Cristo. O ancora prima, con quella del Vecchio Testamento. Questa “provocazione” l’hanno già fatta in molti e da decenni: ma Gesù era comunista?

Parrebbe di no, se dessimo peso alla scomunica di Papa Pio XII ai comunisti nell'immediato dopoguerra, accusati del loro materialismo aristotelico spinto che li definiva atei per eccellenza. Qui lo zampino è sempre quello di Marx, convinto filosofo materialista che non voleva saperne di religioni e idealismi vari, e tutti a quel tempo si ispiravano a Marx ed Engels (anche oggi, per il vero). Ma non solo. La religione cattolica interpreta l'uguaglianza tra gli uomini in maniera differente dal comunismo. Quest’ultimo la descrive politicamente e quindi necessita di una legge che la obblighi; mentre per il cattolicesimo deve essere un atto spontaneo dell’umanità.

In effetti - scomuniche a parte - l’interpretazione ecclesiale appare quella più corretta. Gesù si comportava da comunista ma non imponeva agli altri di doverlo fare per legge degli uomini, piuttosto diceva più o meno: “Io ve lo insegno che dovreste fare così, poi voi avete il libero arbitrio e fate pure come vi pare”, senza dimenticare di sottolineare chi sarebbe andato all’inferno facendo come gli pareva.

Alla fine era pur sempre una legge, che non aveva effetti sulla terra (lampo di esistenza) ma ne aveva eccome nell’al di là (eternità).

Insomma, non sembra tanto una provocazione. Ma è chiara almeno una cosa: il fine è praticamente identico. Tanto Gesù, quanto l’ideologia comunista, perseguono l’obiettivo finale dell'uguaglianza, della condivisione, della comunione. E che nessuno possa essere ovviamente lasciato indietro. Sintetizziamo il tutto citando un noto passo degli Atti degli Apostoli:

Tutti quelli che divennero credenti erano insieme, avendo ogni cosa in comune, e vendevano i loro possedimenti e proprietà e ne distribuivano il ricavato a tutti, secondo che ognuno ne aveva bisogno. E di giorno in giorno erano con costanza assidui nel tempio, di comune accordo, e prendevano i loro pasti nelle case private e partecipavano al cibo con grande allegrezza e sincerità di cuore, lodando Dio e trovando favore presso tutto il popolo.

(Atti degli Apostoli, II, v. 44-47)

Di narrazioni simili se ne trovano tante in quella Bibbia e Vangelo che spesso esibiscono i non-atei, ossia quei politici oggi al governo che non disdegnano nemmeno di esibire rosari. Credenti, diametralmente opposti agli atei - comunisti - che tuttavia perseguono l’obiettivo più autentico della religione dei credenti.

Tutto questo non fa un po’ sorridere?

Paradossi sfuggenti. Ma d'ora in poi, magari, chiedete agli altri di dichiararsi antistalinisti, antimaoisti, antidiavoli e anti draghi rossi sputafuoco a pois, o quello che vi pare. Se credete che abbia un senso. Evitate, però, di chiedere a qualcuno di proclamarsi anticomunista: è molto, molto stupido. Il mio consiglio, tuttavia, è quello di desistere radicalmente dalle richieste insensate, altrimenti trapela quel fastidio che tradisce la simpatia per un vero e conclamato crimine: il fascismo.

Infine, per chi vuole tenersi distante dai comunisti italiani, c'è purtroppo una brutta (o bella?) notizia: non esistono. Non troviamo più alcuna aggregazione di identità distintiva quale poteva essere quella del vecchio PCI di Berlinguer, ad esempio. E non è certo finito in quella aggregazione che oggi chiamano “sinistra”, lontanissima dai precetti comunisti. Il comunismo credo ormai residui nell'anima di chiunque - magari anche della più superficiale sinistra - avverta con senso di solidale partecipazione e comunione, ogni squilibrio sociale, disuguaglianza, classismo, perdita di dignità, sfruttamento, ricchezza senza limiti, giustizia ingiusta, povertà, che affliggono i cittadini e il nostro paese.

Il resto è solo confusionaria propaganda gestita da chi ha interesse a mantenere tali squilibri.

Base foto: Ritratto di Karl Marx di John Jabez Edwin Mayall, 1875 (Wikipedia, PD)

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P. Giovanni Vullo

In questa navicella spaziale, vado in giro a fare scoperte. Provo a capire come funziona. E ve lo racconto.