«Viva viva / viva l'Inghilterra / pace, donne, amore e libertà / Viva viva / viva l'Inghilterra / ma perché non sono nato là / Mah chissà».
Così faceva il ritornello di una canzone di Baglioni degli anni ‘70. Certo, nell’attuale clima di fervido patriottismo italiano, che ogni giorno induce il nostro governo a ricordare quanto è bello e meraviglioso essere italiani, può suonare abbastanza stonato come ritornello. Ma ora vi parlerò di una cosa molto anglofona che alla fine vi farà certamente venire in mente questa o altre melodie compatibili con la vostra musicofilia anagrafica.
Questa è anche una riflessione che richiede un po’ della vostra più seria attenzione, dove cercherò di sintetizzare e tradurre una questione non semplicissima ma con punti chiave molto intuitivi.
Ve la sentite? Non sarò breve, stavolta.
L’attuale governo chiede “maggiori poteri”; chiede il premierato per rendere stabile - dicono - l’intero mandato legislativo, affidandolo a un premier eletto dai cittadini. Feci già qualche riflessione su tale progetto che ha messo in cantiere la nostra destra, e che quasi certamente approderà presso i cittadini attraverso un referendum costituzionale.
Quello che mi appresto a scrivere può essere letto come una prosecuzione di quella precedente riflessione più narrativa: Le ragioni della condivisione. E in quella sede promisi anche di tornare meglio sull’argomento.
Dobbiamo continuare a chiederci - prima di tutto - se questa “trovata” non serva solo a gestire il dissenso e i terremoti interni alla maggioranza, perché come sappiamo un governo non cade a causa dell’opposizione ma a causa dei conflitti interni alla maggioranza stessa. Se la trovata del premierato non serve solo a questo, allora sarà anche utile a rendere ancora più marginale l’efficacia dell’opposizione. Sarebbe un male ancora più grande, come vedremo.
Dobbiamo prendere atto che l’attività di contrasto del governo attuale è quella del dileggio puro e semplice: prende in giro e schernisce l’opposizione a ogni piè sospinto, accusando con pari determinazione e parossismo l’operato dei precedenti governi, che oggi sono opposizione. E’ una condizione inedita e abbastanza sconcertante, perché non si era mai visto un governo che facesse continuo vittimismo e ostruzionismo all’opposizione - un ossimoro, un paradosso -, e ancor meno che lo facesse con toni sprezzanti e intolleranti, anche attraverso una propaganda incessante che sciorina record e successi ad oggi inspiegabili (rectius: magici, giacché privi di provvedimenti apprezzabili). Ma tant’è; e di questo genere di contegno e comunicazione ne ho già parlato diverse volte.
Un quarto di cittadini italiani non sembra riuscire a cogliere questa nuova situazione e sembra anche approvare il clima grottesco da continuo scontro calcistico in chiave ultrà. Una condizione - ripeto - inedita e sconcertante creata dall’attuale destra, che ha straordinariamente attecchito presso quel quarto d’Italia che la sostiene.
Quello che sta avvenendo mina gravemente l’istituto della “opposizione garantita”, già parecchio imperfetto in Italia ma costituente una delle parti fondanti del nostro sistema democratico. E’ la garanzia per quei partiti di opposizione che hanno perso le elezioni e rappresentano - oggi - la metà dei cittadini votanti, ossia quell’altro quarto d’Italia che non apprezza questa destra. Poi abbiamo anche la rimanente metà dei cittadini che non vota affatto (questo è un altro dramma). Non dimentichiamo, infatti, che nei meri numeri esiste questa torta divisa in otto fette: due delle quali sono cittadini che hanno voluto questo governo di destra, e una sola di queste - una fetta su otto, 12% degli italiani - rappresenta Fratelli d’Italia con l’attuale leader Meloni.
Ben sei fette, cioè il 75% circa degli italiani, votano altro o non votano affatto. E questo - per carità! - non vuol dire che si deve delegittimare l’attuale governo di destra, ma deve semplicemente rendere consapevoli che questo governo (come i precedenti negli ultimi vent’anni almeno) agisce in una condizione oggettiva sempre più anomala nel tempo. Chiunque governi deve prendere atto di questo e del fatto che non si governano solo i cittadini che li hanno preferiti, ma si governano anche quelli sempre più voluminosi che non li hanno votati.
Per farlo si deve anzitutto rispettare l’opposizione di turno, quella che ha perso e non ha alcun potere di legiferare per accogliere le istanze del proprio elettorato, ma ha eguali responsabilità nel comprendere gli ostacoli del non voto. Non può essere tollerato lo scenario costituito da questa destra: «Abbiamo vinto noi e facciamo quello che ci pare senza rendere conto a nessuno», che non è solo di irricevibile arroganza ma sconfina nell’accendere una guerra assurda tra i cittadini che li hanno votati e quelli che non li hanno votati. Non si rispetta l’opposizione e si mettono gli uni contro gli altri in un clima d’intolleranza e odio reciproco.
Che tale scrupolo debba esserci non lo dico certo io, ma come sempre dobbiamo appellarci alla nostra Costituzione e al sistema di “opposizione garantita” che abbiamo poc’anzi menzionato. Ora ne parleremo meglio, perché nei fatti, e con il comportamento odierno e i progetti di “premierato”, questa destra pare decisa ad annientare una parte fondante del sistema democratico; e dove non esiste più un'opposizione forte significa che si sta costituendo un sistema autoritario in cui l’opposizione può sopravvivere solo come dissenso anti-sistema (Petrillo, 2004, pag. 86) con tutte le gravi conseguenze del caso e le derive inevitabilmente violente nel dover contrastare un’autocrazia determinata da una maggioranza autoritaria. O come la definì Michelangelo Bovero: una pleonocrazia, tirannia di maggioranza (Bovero, 2017, pag. 383-403).
Se già il "premierato forte” non è la strada (rectius: richiederebbe pesanti modifiche costituzionali e una statuizione espressa sull’impeachment), anche a causa di questi atteggiamenti arroganti e autoritari verso minoranze e opposizioni, tale premierato sarebbe quantomeno da subordinare all’istituzionalizzazione costituzionale dell’opposizione e alla regolamentazione rigorosa di un governo ombra sul modello britannico. A ciò deve necessariamente associarsi una legislazione altrettanto rigorosa sulla gestione dell’informazione e comunicazione politica presso i mass media, che non può essere certamente affidata al “libero arbitrio” dei giornalisti che decidono notizie e spazi, e al modestissimo (rectius: insufficiente) contributo che a suo tempo fornì la cd. legge sulla par condicio.
Proverò a rendere tutti questi aspetti più semplici possibili.
Osserviamo, ad esempio, quanto possa risultare ingiusto un governo che - come nel nostro caso - con il 25% dei consensi di tutti gli italiani voglia governare l’intero paese senza rendere conto a nessuno di quello che fa, tranne fare proclami e fornire indicazioni spicciole sui social o tramite comizi TV. E oggi, addirittura, reclama ancora più poteri attraverso il "premierato forte”.
In paesi come la Gran Bretagna, similmente all’Australia, al Canada e anche altri paesi dell’area euro come Germania e altri ancora, questa “ingiustizia” sarebbe difficilmente attuabile. Ciò che preme ai paesi come la Gran Bretagna sono essenzialmente due cose, entrambe riconducibili al “sindacato ispettivo” dell’attività di governo:
- OBIETTIVO 1: informare e far capire bene ai cittadini le scelte politiche del governo e le alternative offerte dall’opposizione, epurate da una buona dose di propaganda.
- OBIETTIVO 2: costituire una marcatura stretta - ma leale - sull’attività del governo, usando l’opposizione come pungolo e strumento tecnico capace di dialogare ad armi pari con argomenti politici (spesso ostici al cittadino comune).
In GB si è riusciti a farlo con successo da un paio di secoli, costituendo quello che in gergo viene chiamato “governo ombra” (Shadow Government), che oggi fa sempre capo ai partiti di opposizione che perdono le elezioni. Il termine “ombra” sta a significare che l’opposizione diventa l’ombra del governo, non abbandonandolo neanche per un istante, come dire: «Attenzione a come ti muovi, perché sarò la tua ombra!».
Non era facile riuscire a traguardare questi due obiettivi, perché bisognava risolvere tutti i problemi che abbiamo oggi in Italia: opposizione disgregata e partiti che fanno ostruzionismo anche sleale, non avendo altro modo per rendersi visibili, e il governo che si difende a colpi di decreti leggi e deleghe che bypassano il parlamento. E nel caso odierno abbiamo anche visto che l’attuale governo sta utilizzando tutti gli strumenti in suo possesso per impedire qualsiasi ipotesi di sindacato ispettivo sulla sua attività. L’opposizione, oltre a essere rarefatta e spesso in disaccordo, non riesce più nemmeno a fare ostruzionismo.
Dobbiamo anche dire che in Italia il problema lo stiamo affrontando solo nell’ultimo trentennio. L’avvento della seconda repubblica, e il bipolarismo costituitosi tramite coalizioni politiche, ha traghettato quella che era la “democrazia consensuale” della DC, che provava a far convivere tutte le anime nelle sue correnti (destra e sinistra), e cercava anche di accontentare i partiti di minoranza, nell’odierna “democrazia maggioritaria”, ancora acerba, con due coalizioni contrapposte che provano ad alternarsi al governo, e oggi le vediamo traballare a sinistra ma sicuramente solide a destra.
Per la dottrina italiana maggioritaria, la massima espressione di democrazia esiste solo quando si realizza una sintesi forte tra maggioranza e opposizione, sicché il parlamento esprima davvero ogni sua potenzialità nel rappresentare anche gli interessi dei cittadini che non hanno votato la coalizione al governo. Nella nostra Costituzione, però, manca un riconoscimento formale all’opposizione, ma si riconosce in maniera molto chiara il ruolo delle minoranze politiche (ex plurimis: artt. 82 2c, 72 3c, 138, 79 1c, 64 1c, 83 3c, 62 2c, etc. della Costituzione - vd. anche Crisafulli, 1952, pag. 4, dove parla di “attenuazione del principio maggioritario”). Inoltre si fa anche una distinzione altrettanto chiara quando si parla di “politica generale del governo” (art. 95, comma 1, Cost.) e “politica nazionale” (art. 49, Cost.). La politica generale è intesa come la politica che viene dettata dalla maggioranza (il governo), mentre la politica nazionale è intesa come l’attività sinergica tra la maggioranza e tutti gli altri partiti di opposizione (Basso, 1958, pag. 381).
Fu nel primo governo italiano di centro-sinistra (governo Aldo Moro, 1963) che la politica nazionale divenne definitivamente il prodotto della mediazione tra maggioranza e opposizione (Morisi, 1992, pag. 39). Si inaugurava il cd. “modello compromissorio” che sarebbe pian piano naufragato proprio a causa della diversa configurazione che ha pian piano assunto la politica, proponendosi in schieramenti essenzialmente bipolari, specialmente in relazione al consenso equilibrato che tali schieramenti conseguono presso l’elettorato, dividendosi le preferenze tra centro-destra e centro-sinistra.
Cosa succede altrimenti? Lo vediamo benissimo, e ne abbiamo già parlato sopra. Il Prof. Pier Luigi Petrillo, ordinario di diritto pubblico comparato la cui fama e competenza sono ben note (qui ne sto citando spesso il lavoro), sostiene sul punto:
L’Opposizione parlamentare può attraverso l’ostruzionismo sistematico, la rissa, lo scontro fisico, l’uso di un linguaggio volgare, la spettacolare agitazione in aula di striscioni, cappi e bandane di vario colore, la trasposizione di comportamenti da avanspettacolo, può, dicevamo, conquistare qualche titolo di giornale o l’apertura del telegiornale di prima sera.
Sono, questi, comportamenti che squalificano l’istituzione parlamentare ed hanno effetti mediatici molto limitati nel tempo. Non è così che in un sistema maggioritario l’Opposizione acquista visibilità esterna al parlamento, e non solo perché nei sistemi competitivi l’ostruzionismo è decisamente fuorigioco. Il parlamento, infatti, non può essere trasformato in uno show televisivo, esattamente come uno show televisivo non può essere considerato una terza camera politica. Quando ciò accade significa che c’è una falla nel sistema, che gli strumenti normativi non sono efficaci, che, soprattutto, è assente una qualsiasi cultura politica ed istituzionale.
(Petrillo, 2004, pag. 99)
Vi ricorda nulla?
Cosa resta da fare all’opposizione quando un governo non accetta più la critica, non risponde agli inutili e inefficaci question time, e arriva a comportarsi esso stesso - governo - come fosse l’opposizione? Nulla, se non caciara! Perdendo sempre più visibilità e possibilità di essere alternativa a un governo che altri cittadini percepiscono sempre di più come ostile e autoritario. Questi cittadini, probabilmente, non andranno più a votare.
I nostri amici inglesi lo compresero già due secoli fa. Ed è venuto il momento di vedere come lavorano per conseguire quei due obiettivi visti sopra.
L’opposizione politica in GB, come abbiamo detto, è istituzionalizzata e inserita direttamente in Costituzione. Essa è considerata loyal, cioè custode leale dei principi fondanti dell’ordinamento costituzionale britannico (Rinella, 1999, pag. 50). Il leader dell’opposizione è di solito scelto dal partito d’opposizione che ha preso più voti, e assume un ruolo da “impiegato statale” con stipendio simile al primo ministro del governo.
L’opposizione condurrà un monitoraggio continuo sull’attività di governo, provando anche a influenzarne l’attività stessa. E’ legittimata a mettere in imbarazzo il governo, se questi si fa cogliere impreparato nel rispondere agli interpelli (il primo ministro è sempre obbligato a intervenire e fornire spiegazioni) o nel portare avanti il programma superando sempre sul piano dell’informazione e del dialogo le controproposte dell’opposizione. Questa, infatti, deve avere a sua volta un programma di governo alternativo e credibile.
Tutti i ministri del governo in carica sono obbligati a prepararsi e rispondere in maniera esaustiva durante i question time. Tale attività è stata anche “copiata” e introdotta come regola nel nostro parlamento italiano, ma è stata copiata così male da renderla inefficace. In GB i ministri sono costretti a intervenire sempre, concedere repliche e approfondimenti all’opposizione, e se non risultano ben preparati nel rispondere a tali repliche rischiano di mettere in imbarazzo l’intero governo, disvelando ogni eventuale incompetenza o impreparazione. In Italia, invece, non sono ammesse repliche e il ministro risponde una volta sola sulla base di una domanda che già deve conoscere con congruo anticipo.
Esistono anche i cd. opposition day, giornate dedicate esclusivamente all’opposizione parlamentare, dove è obbligatorio discutere i loro temi. Ogni settimana il primo ministro è anche obbligato a confrontarsi direttamente con il leader dell’opposizione, che come più volte detto è anche chiamato leader del governo ombra. In tali occasioni il primo ministro è sempre invitato dal capo dell’opposizione ad assumersi le responsabilità del proprio operato, in maniera trasparente e intelligibile per i cittadini.
Un assetto così forte e istituzionalizzato dell’opposizione costringe il governo a essere anch’esso forte e preciso nella sua azione, quasi chirurgico. Non ci sono infatti molti spazi per la speculazione e la propaganda, e sicuramente tali spazi sono garantiti maggiormente all’opposizione, che sostanzialmente si trova in una condizione di “perenne campagna elettorale” (Petrillo, 2004) direttamente esercitata dall’interno del parlamento. Il governo deve invece concentrarsi a mantenere le promesse e dimostrare ai cittadini che le sue politiche risolvono realmente i problemi. Perciò il governo non ha bisogno di fare propaganda e campagna elettorale, in quanto sarà la bontà delle sue azioni politiche a convincere i cittadini per l’eventuale rinnovo della fiducia alle prossime consultazioni.
Un governo debole e poco capace non avrebbe opportunità di resistere molto. L’opposizione esercitata risulterebbe più forte del governo stesso e può arrivare a farlo cadere se si trova debole, impreparato, o avendo fatto promesse elettorali irrealizzabili o esagerate. Del pari anche se il governo non si dimostra all’altezza di giustificare la bontà del proprio operato e fornire dati inequivocabili. In GB c’è davvero poco spazio per il mero ostruzionismo politico, il dileggio, la presa in giro, ma servono soprattutto capacità e argomenti seri.
Il governo ombra dell’opposizione è sempre pronto a diventare governo a tutti gli effetti, nel caso in cui la maggioranza in carica si indebolisse al suo interno o eccedesse i propri limiti. Questo la dice lunga sulla teoria inconsistente della nostra destra al governo, che tramite quel loro progetto di premierato raccontano di ambire alla stabilità governativa, quando invece tale stabilità significherebbe assicurarsi il potere inossidabile di rimanere al governo anche se litigassero tra loro. Ma come vediamo è persino giusto che a scalfirli e dividerli possa essere l’opposizione, se ci riesce, ed è cosa legittima in GB mentre attualmente impossibile in Italia.
Gli inglesi hanno solo cercato un sistema per rendere il governo veramente forte, serio e responsabile, dove solo la capacità ne rende possibile la stabilità nel continuo sostenere e vincere il match con un’agguerrita - ma leale - opposizione.
E’ molto difficile. Per onestà occorre dire che l’assetto costituzionale e parlamentare italiano è profondamente diverso da quello britannico che prende il nome di “Sistema Westminster” di cui fanno parte altri paesi del cd. Commonwealth (tra cui l’Australia e il Canada). E’ difficile allo stesso modo del premierato proposto dalla destra, perché un governo ombra italiano richiederebbe di mettere le mani in molti articoli della Costituzione, rivedere i regolamenti parlamentari delle due camere, e infine predisporre una legge elettorale inequivocabilmente maggioritaria, onesta e capace di assorbire le novità costituite.
Invero dei tentativi ci sono già stati, nel primo passo fondamentale dell’accordo politico interno. La prima volta ci provò Achille Occhetto nel 1989, con il PCI unito alla Sinistra Indipendente; un sussulto che non convinse, giacché il PCI si apprestava a scomparire dalla scena politica proprio in quegli anni. Nel 2001, a sinistra si ebbe un ulteriore impulso partendo dallo stilare un regolamento interno che costituisse una premessa per un’opposizione unitaria, condivisibile da tutta l’area di sinistra. Anche questo tentativo naufragò a causa di mancati accordi e della rapida evoluzione delle correnti politiche che da quegli anni hanno sempre più frammentato il polo a sinistra, A parere del sottoscritto, vige ancora troppo individualismo ed edonismo che tradiscono gli ideali di quell’area politica.
Non è impossibile, ma ci vorrebbe tempo. E per abbreviarlo si può sempre ricorrere a una sorta di “governo ombra all’italiana”. Senza dover rimaneggiare troppe norme, né trovare alchimie regolatorie oggi impossibili; basterebbero due cose: che l’opposizione ragionasse in maniera unitaria costituendo un apposito statuto interno (per ambedue gli schieramenti), e che il governo la smettesse di fare campagna elettorale contro l’opposizione riconoscendo, a quest’ultima, il potere del sindacato ispettivo nel sempio più ampio e illimitato del termine. Questo non sarebbe difficilissimo con piccoli ma decisi ritocchi ai regolamenti delle due camere.
A volerlo non devono essere solo i cittadini dei partiti perdenti ma i primi dovrebbero essere proprio coloro che hanno votato la maggioranza che governa. I cittadini dovrebbero smetterla di pensare di essere di destra o di sinistra; se hanno votato le promesse di un determinata coalizione dovrebbero poi avere il prioritario interesse di accertarlo e verificare che la traduzione di queste promesse in atti del governo abbia fatto davvero il bene del paese. Accertamento e verifiche che sarebbe folle affidare alla sola parola propagandata dal governo, ma osservando se tale governo è capace di resistere a quel sindaco ispettivo inflessibile e cogente dell’opposizione.
In Gran Bretagna, prima potenza europea da secoli, non saranno stati di certo stupidi. Lo esige, prima di tutto, qualunque sistema che si determini a diventare “democrazia maggioritaria”, come ormai avvenuto in Italia negli ultimi trent’anni, facendo sorgere eccessivi problemi di stabilità politica e governativa, in carenza di questo assetto di leale confronto tra maggioranza e opposizione.
Se proprio ci serve qualcosa, quello è il governo ombra.
Bibliografia essenziale
- PETRILLO, P. L. (2004). La perenne campagna elettorale dell’Opposizione parlamentare in Italia e in Gran Bretagna. Italian Journal of Electoral Studies (IJES), 51(1), 81–118, URL: https://doi.org/10.36253/qoe-12736
- BOVERO, M. (2017). Pleonocrazia. Critica della democrazia maggioritaria. Teoria politica, 7 | 2017, 389-403, URL: http://journals.openedition.org/tp/756
- CRISAFULLI, V. (1952). La maggioranza parlamentare e i suoi limiti, in Società del 1952
- BASSO, L. (1958). Natura e funzioni dell’opposizione nell’ordinamento costituzionale italiano. Aa.Vv., Studi sulla Costituzione, vol. II. Milano: Giuffrè
- MORISI, M. (1992). Le leggi del consenso. Partiti e interessi nei primi parlamenti della Repubblica. Soveria Mannelli: Rubbettino.
- RINELLA, A. (1999). Materiali per uno studio di diritto comparato sullo statuto costituzionale dell’opposizione parlamentare. Trieste: EUT
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