C'è un allarme. Uno dei tanti che prendiamo sottogamba: i tempi di procedimento e conseguimento della giustizia.
E’ uno di quei classici temi da bar, dove tra una tazzina di caffè e l’altra si racconta dell’ennesima disavventura giudiziale che va avanti da dieci anni. O di quella cosa decisa all’opposto di come la verità processuale raccontava.
Per non parlare dei costi; delle rinunce a far valere i propri diritti; di quella volta in cui una gallina è finita per caso in giardino ed è arrivata puntuale la condanna per furto; e di quell’altra in cui truffe e minacce sono stati giudicati “ragazzate”.
Parliamo di penale, ovviamente. E che dire a chi avrebbe faccende ben più serie da raccontare.
La Giustizia arranca. Ottenerla è un primato. E se il verdetto arrivava al diretto interessato, anziché agli eredi, è già da medaglia d'oro.
Poi le ultime riforme hanno completato l’opera. I procedimenti penali avranno finalmente una durata ragionevole – si è detto – ma continuando con la stessa baracca e burattini: tribunali, strutture, e magistrati impegnati, rimangono quelli di prima.
Come voler correre il gran premio di formula uno a bordo di un’utilitaria!
In questi mesi ne stiamo già raccogliendo i (pessimi) frutti.
Cosa avrà voluto dirci quella riforma, che i magistrati sono lavativi? Che non lavoravano abbastanza? Che usano i faldoni giudiziari a mo' di amache a pavimento trastullandosi nelle loro cancellerie dorate?
Insomma loro - i magistrati - hanno sempre detto di avere un carico incommensurabile di lavoro. Troppi procedimenti, quantità industriali di piccoli reati, gente litigiosa per banalità, e centinaia di migliaia di leggi che consegnano all'Italia l’infame primato di paese probabilmente più cavilloso al mondo, con un'incertezza del D**iritto aberrante.** E forse c'è anche un pizzico di complicità nel comparto di tutela dell'ordine, la cui azione parrebbe fiacca nello scoraggiare i reati minori.
Se le cose stanno così, è naturale che si vada a processo per una vita. E va benissimo dare uno stop alla “durata infinita”, ma questo sarebbe il tetto del problema. Forse prima dovremmo occuparci delle fondamenta: ristrutturando il sistema giudiziario, facendo concorsi, aumentando il personale, RIDUCENDO e semplificando le leggi.
Di tanto in tanto i magistrati scioperano, e con adesioni a lumicino si preoccupano principalmente di contestare la separazione delle carriere e l'introduzione di un metodo di valutazione del loro operato. Legittimo, ma spiace che non dicano nulla sugli altri (importanti?) problemi che permetterebbero alla giustizia di acquisire l'agognata “G” maiuscola.
Nel frattempo credo che assisteremo a un incremento di procedimenti penali chiusi con richiesta di archiviazione, decreti di condanna a casaccio e prescrizioni a valanga. Oppure con il rischio di una violenta approssimazione di qualità. D'altronde il tempo è quello che è.
Il crimine ringrazia, e le parti civili si arrangino (ma niente colt e cinturone, per favore).
Forse ho banalizzato. Anzi, direi che l’ho fatto scientemente! Ma solo perché il problema, alla base, è banale. E queste considerazioni, da cittadino qualunque, rispettano stavolta il sacro principio del Rasoio di Occam. Inutile complicare ciò che è semplice!
Abbiamo però il nuovo governo. Sul tema della Giustizia ha detto di voler essere molto attento e sensibile. Bene. Auguriamoci che sia così; e auguriamoci che l’efficientamento della Giustizia non significhi depenalizzazioni, semplificazioni, abolizioni e quanto di più denegato si possa ipotizzare per proteggere i palazzi e occuparsi solo dei ladri di galline.
Ma cosa mi auguro a fare...!
In realtà, pare che il neoministro Nordio abbia in mente proprio di abolire reati come l’abuso d’ufficio e il traffico di influenze illecite, da cui maggiormente il cittadino prova a difendersi – quando è parte offesa – con già enormi problemi. Poi si parla di “discrezionalità dell’azione penale” da parte del PM. Oggi è obbligatoria; ma secondo Nordio sarebbe “più snello” se il Pubblico Ministero decidesse motu proprio di archiviare un caso senza passare dal GIP.
E’ così che risolviamo i già gravissimi problemi di lentezza e ordinaria ingiustizia? Imitando, anzi, scimmiottando sistemi giuridici distanti anni luce dal nostro modello pachidermico e cavilloso che è già ridotto a brandelli?
Forse è meglio augurarsi di potersi svegliare prima che questa giustizia agonizzante diventi il Frankestein europeo del Dirittto!
Base foto: Trittico della Giustizia – dipinto di Jacobello del Fiore, 1421
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