Zalone, la Destra e la palestra della mente

Zalone, la Destra e la palestra della mente

Forse la vicenda della “famiglia nel bosco” sta scemando, oppure da sola non basta a tenere il cittadino incollato a tv e social per farlo accalorare sull’ennesima questione distrattiva rispetto ai fatti ben più severi che ci attanagliano. Quindi, per tenere la barra dritta sulle “quisquilie”, oggi si sta anche parlando del grandissimo successo riscosso da Buen camino, l’ultima fatica cinematografica di Checco Zalone.

Ça va sans dire, non è la semplice notizia del successo di un bravo artista come Zalone, né un parlare dell’eventuale morale dietro il film per suscitare riflessioni oltre la comicità tipica di quel prodotto, ma un monopolio comunicativo che si intreccia sulla nuova polemica del momento: “Ecco come si fa il cinema! Altro che intellettuali impegnati che non vede nessuno.”.

Ma chi si sta accanendo nel divulgare un messaggio del genere, e per quali fini?

Come sapete ho l’abitudine di ragionare attorno ai fatti, altrimenti non si fa un buon servizio alla divulgazione e all’onestà intellettuale nella narrazione e formazione del ragionamento tramite deduzione, induzione, abduzione, analogicità. Buen camino suscita, per esempio, una polemica analoga a quella della famiglia nel bosco, in cui i giudici vengono aspramente attaccati dai politici di destra al governo, solo perché, a loro dire, stanno sbagliando tutto. Lo dicono con mere affermazioni e assiomi, eludendo ragionamento e critica.

Con Zalone – che non è certo al suo primo successo cinematografico – la Destra con i suoi accoliti avrebbero invece individuato l’uovo di colombo che farà la fortuna del cinema italiano, il metodo, il filo di Arianna da seguire per la “nuova cultura”, quello che volete ma comunque un esempio buono, giusto e da imitare. Ci tengono a dire che il film è "politicamente scorretto”, con la sua comicità cruda e irriverente, e grazie a tutto questo sta facendo tanti soldi. In questa narrativa, che si legge un po’ dappertutto, Zalone appare come fattore secondario, ma certamente lusingato e incoraggiato a esserne riconoscente e valutare nuove e vantaggiose amicizie. Così, almeno, appare.

Stiano zitti tutti gli altri intellettuali criticoni che fanno pellicole impegnate o politicamente corrette che nessuno guarda, e vogliono anche pesare sulle casse dello Stato. Tali criticoni sarebbero naturalmente gli artisti e autori di sinistra, ossia i “poveri comunisti”, come li chiamano sui social gli stessi politici di destra. In tale area vengono ormai collocati tutti coloro che in qualunque modo, per qualunque ragione, e con qualunque intensità, hanno criticato il governo attuale. Ciascuno è un “povero comunista” e basta.

Siamo, insomma, non di fronte a un semplice e naturale successo cinematografico, ma dobbiamo leggere in esso la chiave di volta che apre la porta a una nuova epoca culturale: quella del genere “commedia”, e in particolare dei film alla Zalone.

Questo ci dice oggi la destra politica di questo paese.

Lasciate che vi racconti un aneddoto personale.

Ero ragazzo. Frequentavo una “Wu Guan” – generalmente conosciuta come Dojo – un'improvvisata scuola di arti marziali nella periferia della mia città. L’intenzione era quella di disciplinare la mia irruenza esplosa durante l’adolescenza, e il maestro mi consigliò anche di associare agli allenamenti una rigorosa disciplina mentale da raffinare quotidianamente a casa. Mi diede un libro da leggere che trovai estremamente interessante, specie una frase rivelatrice: «Se fai gli esercizi esterni, devi fare anche quelli interni; se fai gli esercizi interni, puoi anche fare a meno di quelli esterni». Gli esercizi interni erano riferiti alla meditazione e all’educazione mentale, mentre quelli esterni andavano in questo caso oltre la mera cura della salute fisica e s’incentravano sulle più severe discipline marziali. Mi sono rimasti gli insegnamenti, ma purtroppo ho perso i riferimenti di questo libro, che non trovo più.

Questa particolare frase aprì davvero la mia mente e mi fece comprendere che allenare il corpo, avere un fisico forte e reattivo, non serve a nulla senza aver allenato e formato una mente in grado di gestire il fisico stesso. E formando la mente, sarà il fisico che ne seguirà il modello, non viceversa. Ma tutti noi ricordiamo anche il latinismo “Mens sana in corpore sano”; sintesi dalla frase completa «Orandum est ut sit mens sana in corpore sano», cioè “Bisogna pregare affinché ci sia una mente sana in un corpo sano” (dalle “Satire” di Giovenale).

Quindi che il corpo sia sano è in realtà secondario, ma fortemente legato al fatto che la mente sia soprattutto sana. Un corpo sano in una mente offuscata non serve a nulla; è come una pianta che non purifica né aria né terra, ma vegeta soltanto consumando risorse. Quando non è malattia ma scelta, per accidia e indolenza alla cura della propria formazione e crescita intellettuale, diventa imperdonabile. Determina analfabetismo funzionale, che si manifesta con limitazioni nella comprensione, inconsapevolezza, difficoltà espressive, anaffettività, dispatia, intolleranza, predilezione di futilità, sensibilità alla propaganda, atteggiamenti violenti, etc. Spesso sfocia in un’atrofia neuronale caratterizzata da stupidità, che ad oggi pare senza rimedio.

Mi ero interrogato a lungo su questa faccenda della priorità della mente rispetto al corpo. Capii che avere la fortuna di nascere con un fisico sano non è affatto una fortuna, ma una circostanza. Così come averlo malato, perderne funzionalità e così via. La mente, però, deve sempre sovrintendere e usare ciò che ha disposizione in maniera efficiente, o anche al massimo delle potenzialità. Dunque saremo fisicamente abilissimi come Michael Phelps o Lionel Messi, o totalmente inabili come Stephen Hawking, e limitatissimi come Christy Brown (guardate anche il bellissimo film che ne narra la storia: “Il mio piede sinistro”), constatando che è sempre grazie alla mente che il fisico ha fatto grandi cose: nella sua pienezza o nella sua estrema limitazione.

Quel che imparai nel dojo – che la mente guida il corpo – vale anche per la cultura: senza una mente allenata, il successo commerciale diventa solo intrattenimento sterile.

Il cinema è cultura a 360 gradi come qualsiasi altro input che percepiamo attraverso i nostri cinque sensi, o quelli di cui disponiamo. La cultura è destinata alla mente, e giova al corpo nella misura in cui induce la mente al riposo e concentra sui processi rigenerativi del corpo. La mente lo fa in molti modi, ad esempio facendoci venire sonno, ma anche assaporando i benefici di quella cultura che ci rende allegri e rilassati, come una commedia leggera, un film comico, ogni cosa che attraverso l’uso magistrale dell’ironia attiva le endorfine producendo serotonina e dopamina. La cultura, dunque, serve anche al relax e cura il corpo, non è solo di stimolo alla mente pensante come processo cognitivo o in generale dell’attività intellettuale.

Ora sarà facile capire che la commedia di Zalone cura soprattutto il corpo, e va benissimo così. Si stacca la spina come quando si dorme, assaporando quella comicità come ogni altra, e financo intravedendo la morale che senz’altro esiste anche in quella pellicola. Diciamo che è un sonno leggero, fatto di qualche piccolo risveglio parte dello stesso riposo. Ed è tutto qui il prodotto culturale di Zalone: è relax.

La cultura del relax la ritroviamo anche in altri stili di comicità, dove emergono altrettanti temi etici importanti, con un ottimo successo al botteghino. Maestria e sapienza narrativa sono anche nei lavori di Ficarra e Picone, per esempio, che strizzano più l’occhio all’odiato “politicamente corretto” per dribblare la cifra della scorrettezza, della scurrilità, del cinismo, come pare piacciano alla destra. Lo fanno in tanti, e lo facevano artisti del calibro di Totò, Monty Python, Troisi, con la loro fissazione per ridere insieme a San Francesco, piuttosto che far sbellicare il diavolo. Quest’ultimo riferimento lo devo ai recenti commenti di Christian De Sica, secondo il quale va benissimo che la comicità sia cattiva e non deve temere di offendere, quindi si può ridere – secondo lui – solo assieme al diavolo (o prevalentemente, non s’è capito bene cosa volesse dire).

Di fatto, tutte le comicità riescono ad attirare l’attenzione e curare il corpo di chi le apprezza. Ciascuna, però, va elaborata in modo sano; chi non riesce a farlo non sta ricevendo relax ma un input malsano che va a plasmare il proprio modo di ragionare, stimolando un’attività intellettuale sul metodo e non sulla mera elaborazione della morale del film. Questo è certamente un problema diverso, e non deve certamente preoccupare Zalone o chiunque adotti questo genere di comicità “scorretta” (salvo chi sfrutta debolezze e fragilità intellettive solo per far soldi). Si potrà dire – al limite – che la comicità meno invasiva sotto il profilo del dileggio, chiamiamola pure più elegante o tollerabile, è certamente più facile da assimilare ed elaborare.

Per esempio, restando nell’ambito delle commedie e aggiungendo solo un pizzico di drammaticità e storia recente, emergerebbero pellicole di successo come “C’era ancora domani", che due anni fa sbancava i botteghini e batteva il kolossal americano “Barbie”. E qui ci si perde nel capire se tale pellicola abbia più curato la mente rispetto al corpo, o viceversa. A parere del sottoscritto li ha curati entrambi in perfetto equilibrio.

Ma dopo le commedie, qua e là contaminate da altro, e che siano “corrette” o “scorrette”, quando e dove la curiamo l’attività intellettuale che dopo il riposo è il cibo più agognato e necessario alla mente? Quando, se straparliamo solo dei soldi che sta facendo il cinema alla Zalone?

A questo punto dovrei far partire una sorta di elogio al film noioso e spiegare il perché ne abbiamo bisogno. Ma solo se davvero non sono stato già sufficientemente chiaro. Il cinema è già una specie di Luna Park. Ci si va principalmente per divertirsi senza di certo voler forzare attività mentali di qualunque tipo. Basti guardare la classifica storica degli incassi dei primi 50 film proiettati in Italia, andate su Wikipedia. Ed è così un po’ ovunque nel mondo.

I generi focali sono quelli che non impegnano la mente: comicità, commedia, violenza, fantasia e un po’ di romanticismo. Avviene lo stesso nell’editoria, e davvero raramente entrano in classifica le opere intellettualmente rilevanti, come i grandi drammi, le narrazioni storiche, i dilemmi umani, la vita di tutti i giorni, o i docufilm. Di solito, tutto questo appartiene alle nicchie, e sono veri e propri tesori che per fortuna restano disponibili per chi ha anche voglia di attività cerebrale, prendendosi cura della mente ancor prima del corpo, come sarebbe giusto fare.

Qualunque governo dovrebbe proteggere le opere rilevanti, prima di tutto, e non sminuirle o ridicolizzarle di fronte a prodotti principalmente di svago. Il pregio è nella mente al di sopra del corpo, e non il contrario. Eppure ecco che questa destra al governo infesta e inquina con le sue polemiche di questi giorni – che nemmeno finiranno tanto presto – un cinema già ridotto a Luna Park, esaltandone proprio questo profilo attraverso il “metodo cinematografico Zalone” in nome dell’amato “politicamente scorretto” e nell’intento di colpire quei “poveri comunisti” criticoni che alla fine fanno pellicole che nessuno guarda.

Evidentemente tutto questo non ha senso.

Vi ricordate quando a scuola c’era l’ora di filosofia e subito dopo toccava a quella di educazione fisica? Se il prof. che si avvicendava era anche di mano larga, non si vedeva l’ora che arrivasse a salvarci da quel tedio di parole che si accartocciavano sui concetti, facendoci odiare Nietzsche, Hegel, Kant, Popper, Aristotele, Plutarco, e compagnia cantante, perché il docente di filosofia magari era particolarmente serioso e pretenzioso. Eravamo ragazzi, e si poteva capire. Ma da adulti dovremmo aver imparato quanto sia importante curare la mente ancor prima del corpo.

Il cinema può (e deve) curare corpo e mente: alcune commedie rilassano e fanno bene, altre pellicole scuotono e educano. Ma lo Stato e l’opinione pubblica non devono confondere l’utile per il popolare, e sfociare nei populismi. Per contrastare l’analfabetismo funzionale servono anche politiche culturali che finanzino rischio, ricerca e profondità, non solo incassi.

Non promuoviamo altri disastri.

base foto: NanaBanana 2.5, 30/12/2025, su prompt AE (c)

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P. Giovanni Vullo

In questa navicella spaziale, vado in giro a fare scoperte. Provo a capire come funziona. E ve lo racconto.