Scemi di guerra

Scemi di guerra

La condizione di “scemo di guerra” è stata una patologia molto seria che ha colpito tanti soldati e reduci della Grande Guerra. Nasceva dallo shock nel dover combattere e lottare per la vita in condizioni spesso disumane, portando i soldati alle nevrosi e al delirio. Oggi a me pare che si debba tirarla nuovamente fuori per individuare tutti quei soggetti, anche tra governanti e capi di Stato, che straparlano di guerra come fosse diventata la cosa più naturale del mondo. Uno shock, evidentemente, lo hanno subito anche costoro.

Vogliono preparare la guerra contro la Russia? Saranno scemi di guerra! Oppure è un tiro mancino per adombrare qualche catastrofe economica, distrarre nella complicità collettiva dello spararsi addosso, tenendo il mondo concentrato sul terrore e la decimazione lenta di vite umane. E dopo ci risolleveremo tutti; tornando a prosperare in un nuovo ciclo capitalistico.

Ma facciamoci spiegare bene chi vincerà questa guerra! Facciamoci assicurare che Putin si arrenderà e si ritirerà di buon grado senza premere qualche laido pulsante rosso. Vedrete che farfuglieranno cose lunghe, ostiche, artatamente incomprensibili e zeppe di “se” e “ma”, mentre nessuno argomenterà nulla di veramente razionale e comprensibile; vedrete che alla fine diranno cose del tipo: «E allora lo lasciamo fare?». In una sintesi che va dritta alle pance: «Per la giustizia, la democrazia, la libertà potrebbe esserci anche un duro prezzo da pagare, e dobbiamo essere pronti, forti e decisi, come lo hanno fatto i nostri avi in passato».

E via a gonfiarsi il petto (specie gli ipodotati).

Ultimamente i miei occhi si sono anche posati su frasi dal seguente tenore: «Ma se i russi attaccano l’Italia…? La Germania…?». E’ mancato solo qualcuno che mimasse il grande Vasco scrivendo «E se ci portano via le armi? Come facciamo la guerra, dimmi… Coi bastoni?». Proprio perché il Blasco ricordava anche «I russi possono arrivare / Ogni ora!», mentre noi «Noi siamo mica gli americani! Che loro possono sparare agli indiani!». Eh… il Blasco la sapeva anche più lunga (satiricamente parlando).

Se queste risposte vi convincono, per voi non ho argomenti. E vi risparmio il tempo: non leggete oltre.

Se non vi convincono è perché li ritenete degli assiomi irrazionali, e fate bene; è perché il prezzo da pagare capite che non è la guerra che ha fatto il nonno, pur devastante e orribile: non è minimamente quella! E probabilmente avete già letto una precedente riflessione più “contenuta” che avevo già fatto sul tema delle guerre ipocrite.

Non siamo qui per far capire a Putin che non abbiamo paura di lui, perché sarebbe falso. Abbiamo paura di lui, eccome. E la paura non è ciò che limita la propria difesa o impedisce di combattere, ma è quella cosa che - al contrario - consente di mantenere alta la guardia, limpidi i ragionamenti e pronti i riflessi. E ce l’ha anche Putin, la paura, per quanto possa apparire folle. Ma se lo fosse totalmente, il ragionamento che ora seguirete vi risulterà ancora più inossidabile.

Allora ecco che scorgiamo quell’antico latinismo che ci ricorda: si vis pacem, para bellum.

Si riferisce alle risorse difensive di un popolo, che non si deve mai far trovare impreparato in caso di attacco. E noi, se non sbaglio, quelle risorse ce l’abbiamo già. Non è che Putin domani dice: «Eh, eh… vi ho colto in fallo, e sono più attrezzato di voi». Non può mica dirlo; anche se ultimamente sventola il suo RS-28 Sarmat (aka: “Satan 2”, tutto un programma…) che parrebbe l’apocalisse racchiusa in un’unica e incontrastabile arma. Ma a parte l’esibizionismo, se fosse tale, noi - Occidentali/NATO - siamo già armati fino ai denti tanto quanto gli amici russi. E su questo non ci piove.

Allora che guerra dobbiamo preparare?

Macron che fa il pugile sui social, Von der Leyen, qualche altro ancora, dicono che occorre essere pronti a mandare soldati NATO in Ucraina, con armi convenzionali ovviamente. Facciamo una strage, ci spariamo a vicenda. Nessuno userà armi nucleari, perché la NATO difenderà l’Ucraina in maniera convenzionale. Putin, ridotto così allo scemo del villaggio dagli scemi di guerra (come se lo “zar” non avesse già aggredito l’Ucraina senza pensarci due volte!), fa altrettanto. Pur vedendo un esercito più numeroso, fresco, e magari potente più del suo, che va a battersi a fianco dell’Ucraina - convenzionalmente, per carità! - non farà “escalation” d’arma e sostanzialmente si arrenderà. O perderà.

E così Putin se ne torna a casa con le pive nel sacco.

E’ tutto chiaro e verosimile?

No… forse c’è un problema di logica elementare. Se Putin possiede un arsenale nucleare in grado di devastare il pianeta Terra per diverse volte (e rimanere ancora con qualche testata di riserva), perché mai dovrebbe andarsene con la coda tra le gambe? Perso per perso, è logico possa prevalere quel famoso detto biblico «Muoia Sansone con tutti i filistei!». E partono tutte le testate, e contemporaneamente le nostre.

Non vince nessuno!

Qualcuno, nella sua piccola testa, crede che questo logico scenario non si produrrà. Ma non ci spiega perché non dovrebbe essere la normalissima evoluzione finale del conflitto.

Non lo so… forse si pensa che gli USA, la NATO, abbiano qualche asso nella manica in grado di neutralizzare la minaccia nucleare russa. Intercettarla e neutralizzarla immediatamente. Avranno visto troppi film. E film che nemmeno sono mai stati proiettati. Perché neanche gli americani si sono spinti talmente avanti con la fantasia da concepire fiction dove sconfiggono i russi in una sorta di olocausto nucleare a senso unico.

Torniamo coi piedi per terra. E usiamo la LOGICA!

La capacità distruttiva delle armi nucleari, e la chiara impossibilità che possa prevalere uno dei contendenti, presenta la logica attorno alla quale occorre muoversi. Se è vero che l’uso di tali arsenali ridurrebbe a brandelli entrambe le parti, allora non ha senso usarli; ma se non ha senso usarli perché esistono? Come vedete si tratta di un riferimento circolare (loop) che invalida il ragionamento, e per uscirne in maniera logica si deve necessariamente adottare una soluzione concludente: le armi nucleari esistono e possono essere usate in qualunque momento; oppure le armi nucleari esistono ma sono solo un deterrente contro la guerra, perché la loro potenza annientatrice è tale da aver reso impossibile una vittoria netta. Quindi le armi nucleari diventano perfino uno strumento di pace.

Se la prima soluzione fa paura - ma è incontestabile - la seconda può risultare addirittura confortevole, anche se desta non poco stupore accostare il termine “pace” alle bombe nucleari. Ad ogni modo possiamo concludere:

  • CONDIZIONE 1: le armi nucleari esistono per essere usate
  • CONDIZIONE 2: le armi nucleari esistono per evitare la guerra
Se scorgete altre condizioni di esistenza ugualmente logiche, fatemelo sapere.

Ciò detto, mi pare indiscutibile che qualunque sia la condizione in cui oggi ci troviamo - tra le due appena viste - non ci sia compatibilità con la guerra: in un caso arriverebbe il momento dell'annientamento globale; nell’altro non è proprio concepibile la guerra.

Rebus sic stantibus: con Putin bisogna negoziare. Questo impone la logica!

Lo si doveva fare due anni fa; lo si doveva fare ancora prima, evitando mosse arroganti. Ora si è perso inevitabilmente qualcosa. Inutile recriminare dicendo «Ve l’avevamo detto!», quando dirlo faceva immediatamente scattare l’etichetta di “putiniani”. Oggi quei putiniani non si contano più: tra il Papa, tre quarti e rotti di mondo, e perfino il governo “bello” della Meloni col suo ministro Crosetto che già diceva “armi, armi, armi” e oggi “pace, dialogo, pace” (paura, eh!?). In mezzo ci sono anche le cd. agenzie “think tank” di analisi geopolitica internazionale, come l’ISW americano, il nostro ISPI, l’IAI, o il tanto chiacchierato prof. Orsini e il suo osservatorio di sicurezza internazionale. Non tutti sempre d’accordo sulla parola d’ordine per questa faccenda grossa: NEGOZIARE!

Alcuni di questi think tank credono forse di ragionare sulla geopolitica quotidiana, ordinaria e dei conflitti inesauribili di questo martoriato pianeta, arrivando a fare - secondo loro - le più calibrate ipotesi attorno a quest’altra (e tutt’altra) faccenda che invece si gioca al tavolo dei pacchisti di Amadeus: «Vuoi il cambio o accetti l’assegno?». Altrimenti apri e vedi se… scoppia o no!

Il ragionamento logico lo abbiamo già fatto: è molto, molto stringente. E anche i think tank sembra che si stiano incartando su quest’aspetto. C’è da dire che alcuni di loro sono finanziati direttamente o indirettamente da aziende belliche.

Come che sia, in caso di pazzia persistente suggerirei ai soldati di dimettersi in massa. Non è onorevole morire da stupidi in una guerra che non avrà mai alcun vincitore. Ci sono gli arsenali atomici, si usino quelli subito anziché prolungare l’agonia e usarli comunque dopo.

Riprendiamo infine quella famosa frase citata poco sopra: Si vis pacem para bellum. Pochi l’hanno mai compresa a fondo; da Vegezio a Cicerone il monito al "preparare la guerra" ha assunto un significato interno ancora più profondo: "Non troverai la pace, se non conoscerai la guerra". Perché solo avendo conosciuto gli orrori della guerra si farà di tutto per evitarla. E si apprezzerà la pace. Sapete, questo mi scatena un mare di altre riflessioni sulla necessità del male per comprendere il bene, ma saranno altri bei discorsi che faremo certamente.

Nessuno è dunque giustificato nel pensiero di dover fare la guerra per arrivare alla pace. Mettiamocelo in testa.

Base foto: Łukasz Dyłka (lukaszdylka) da Pixabay

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P. Giovanni Vullo

In questa navicella spaziale, vado in giro a fare scoperte. Provo a capire come funziona. E ve lo racconto.