Chiedo scusa a Kundera per aver deformato il titolo del suo capolavoro romanzesco. Chiederò scusa anche a Pascoli nel prossimo articolo che ho in programma, perché anche in quel titolo mi è scappato un accostamento irresistibile. Ma non voglio svelarlo subito per non rovinare la sorpresa.
Qui vi parlo solo dell’essere insensato. E pongo l’accento su quanto quest’insensatezza stia diventando - se già non lo fosse - del tutto insostenibile. Non si può vivere con la costante necessità di dover analizzare e riordinare discorsi insensati, che nascono piegati su un qualche interesse. Non si può accettare che la disonestà (o stupidità) intellettuale minacci e manipoli continuamente la fiducia di chi ascolta. Non si dovrebbe stare sempre lì, a perdere tutto quel tempo, per sollevare il manto di apparente pregio (premesse vere) posto sopra enormi bugie e fatti distorti (argomenti e conclusioni).
E’ una delle ragioni per cui “evangelizzo” quell’imprescindibile necessità di accostarsi al pensiero razionale e all’etica, traendone un rapporto intimo e una costante applicazione nei fatti della quotidianità. Perché, obtorto collo, la fiducia non basta! Anzi, in quest’epoca occorre diffidare e filtrare costantemente. E lo dico a malincuore!
Oggi siamo chiamati ad accertare la sensatezza del massacro mediatico posto dal governo in carica in danno di un magistrato.
Facciamolo partendo da questioni logiche, alla portata di tutti, e via via addentrandoci in quelle più tecniche, che richiederebbero una preparazione più specifica. Ma prima ancora lasciatemi anche fare una citazione:
Al giudice occorre più coraggio ad essere giusto apparendo ingiusto, che ad essere ingiusto apparendo giusto.
(Piero Calamandrei, giurista e padre costituzionalista della Repubblica Italiana)
1. Il male annunciato (una speculazione)
Se un giudice ha certe idee, e non è bravo a nasconderle, la sua decisione eventualmente inquinata dall’ideologia sarà più facilmente impugnabile e ribaltabile. E’ quasi una “benedizione” che il giudice palesi la sua parzialità, come si dice abbia fatto la giudice di Catania, Iolanda Apostolico, nel disapplicare il decreto migranti del governo. Una volta accertata la cosa, e ribaltato il verdetto, allora sarà molto più facile applicare la “vendetta mediatica” già in atto (se è questo che si cerca). Farlo prima, come sta accadendo, è sciocco e insensato; una cattiveria anticipata che rischia solo di alimentare sentimenti di solidarietà verso la giudice, che permarranno comunque evolva la faccenda, poiché si sta eseguendo una condanna ancor prima di accertare le reali responsabilità della giudice stessa.
Questo agire denota dunque il seguente corollario:
Una condotta stupida causa un danno a un'altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita
(dalla “regola aurea” del saggio satirico “Allegro ma non troppo”, di Carlo M. Cipolla).
2. Le idee e il giudicato
La giudice Apostolico ha chiaramente svelato le proprie idee politiche. Questo è certamente inopportuno, ma anche irrilevante. Tutti i magistrati hanno le loro idee politiche e vanno a votare, e probabilmente tifano contro Salvini, o Conte, o Schlein, o Meloni, e così via. Non dirlo non cambierà la loro eventuale parzialità, ove si trovassero a dover giudicare attorno a materie emanate da quegli “antipatici” politici. Per cui è stupido attaccare un giudice solo per il fatto di scoprire le sue preferenze, anche perché questo non sarà utile a invertire il decisum, ma inficierà solo la vita pubblica e privata della giudice esponendola a un biasimo immediato come rivalsa rabbiosa. Non sapendo ancora se si ha torto o ragione di farlo.
Il decisum è l’unica cosa che invece ha senso aggredire, se ci sono i presupposti. Quindi se la giudice Apostolico ha sbagliato, allora il suo giudicato potrà essere rivisto in sede d’impugnazione, come già aveva annunciato il sottosegretario alla giustizia Delmastro. E dovranno essere senz’altro le sedi dei vari gradi di giudizio - in questo caso la cassazione - a prendersi cura del caso, e non l’insensato dibattito pubblico che fa apparire il governo unicamente rabbioso, desideroso di vendette spicciole per una sorta di lesa maestà, puntando a creare una specie di giuria domestica tra cittadini pro e contro. Ma i cittadini non potrebbero farsi nessuna idea precisa in questo momento, se non quando vi sarà un giudizio definitivo sulla questione.
3. La pretesa “astensione”
Anche qui ci muoviamo su un’ampia superficie di insensatezza.
Le idee politiche della giudice e l’antipatia nutrita per Salvini, hanno intanto influenzato il giudizio della giudice? Il governo pretende non rispondere e fermarsi prima; quindi anziché partire dalle motivazioni pone l’accento sull’immoralità della giudice, che viste le sue idee avrebbe dovuto astenersi.
Ma questa cosa non si può pretendere. L’obbligo di astensione del giudice è regolato dal codice, e non è previsto per le questioni politiche. E per la stessa ragione non sarebbe stato possibile nemmeno ricusarla (dal codice Rocco ad oggi, alle numerose decisioni di legittimità, anche costituzionale, e infine alla dottrina pressoché unanime). Quindi non è proprio possibile alcun giudizio morale in danno della giudice, che anche con le sue “censurate” idee (dal governo) ha agito in piena legittimità.
Per comprendere questo aspetto tecnico si può anche solo ragionare. Se fosse possibile la ricusazione per ragioni politiche, questa riguarderebbe sia i giudici “nemici” che quelli “amici”, si scatenerebbe allora un paradosso che determinerebbe l’obbligo di astensione di tutti i giudici. Per fare un esempio: se ricusando la Apostolico - giudice sinistrorsa, anti-decreto - vi subentrasse il conte Catellani della Folagra - nome inventato di giudice destrorso, pro-decreto - l’altra parte in causa nel processo potrebbe a sua volta ricusare quest’ultimo in quanto giudice pro-decreto. Il che risulta in un riferimento circolare ricorsivo di intuitiva assurdità.
D’altronde, come visto nei ragionamenti precedenti, le posture d’imparzialità apparirebbero solo come ipocrisie. Si, si può anche pretendere (per “occhio non vede e cuore non duole”…) che il giudice tenga serbate le proprie idee politiche, ma non che non le possa avere. Cosa dovrebbe fare: astenersi anche dal diritto di voto? E il fatto che tenga riservate le sue preferenze non significa che poi non influenzino ugualmente il decisum. Dunque l’unica cosa che si deve apprezzare, ed eventualmente impugnare, è il contenuto della decisione: le motivazioni!
4. Le accuse alla giudice
Abbiamo appena ragionato circa l’insensatezza delle accuse mosse alla giudice. Questo sotto il profilo del diritto, quindi dell’eventuale violazione di legge, oltreché dell’opportunità/vantaggio di chi ha imbastito la gogna (il governo). Nel merito, invece, ossia cercando nella sostanza di tali accuse, emergono ulteriori insensatezze.
Va premesso che anche se vi fosse stata parvenza di sostanza, cederebbe comunque sotto il peso delle argomentazioni precedenti. In gergo giuridico si dice che quello di cui abbiamo già parlato è “assorbente” di ogni altra considerazione. Ma io voglio farle ugualmente.
Le prime indignazioni sono partite dall’osservare i profili social della giudice e del compagno, rilevando che la stessa aveva in forte antipatia Salvini. Idee politiche che come abbiamo visto non rilevano. Ma sono atteggiamenti radicalmente inopportuni, e questo va detto: i magistrati dovrebbero astenersi dal manifestare così apertamente le loro idee. Conoscendo le idee di qualcuno si è poi soggetti ad avere un occhio critico diverso. Ad esempio, in una motivazione di buon diritto si tende a scorgere devianze inesistenti, convincendosi magari a impugnarla quando non servirebbe, e questo non giova all’economia processuale. E’ un genere di riserbo che può essere paragonato al metodo sperimentale scientifico, dove si agisce appunto con i criteri del metodo “cieco” o “doppio cieco”, di cui avrete sentito parlare. Questioni di opportunità, insomma, che però si affievoliscono notevolmente quando tra le parti in causa c’è un potere altrettanto forte, come quello legislativo del governo. Una parte in causa del genere non può patire il pericolo di essere fuorviata dalla giustizia.
Oltre ai profili social spunta fuori un video del 2018. Si vede la giudice Apostolico che avrebbe partecipato a una manifestazione pro-migranti all’epoca trattenuti sulla nave “Diciotti”. Anche qui va detto che la presenza della magistrato a quella manifestazione è certamente inopportuna, per le ragioni già argomentate. Il video però è stato “iperbolizzato” affermando di manifestanti minacciosi, pericolosi, di estrema sinistra, e così via. Allo scopo evidente di non fare luce, ma mettere in cattiva luce. Invero, nel video si nota la giudice frapposta tra la folla e i poliziotti, in atteggiamento serio e composto. Non dice nulla. Risulta, inoltre, che la manifestazione malamente additata da Salvini e altri rappresentanti del governo, come visto sopra, sarebbe stata invece partecipata da suore, scout e diverse sigle cattoliche. A parte, ovviamente, qualcuno che grida improperi (ma è del tutto ovvio che in una manifestazione vi siano anche presenze incivili e rumorose).
Non sembra finita qui. L’ultima accusa di Salvini alla giudice sarebbe legata ad una sentenza di condanna che la Apostolico scrisse come giudice estensore nel 2019. Si trattava della condanna a 13 anni di carcere, in Corte d’Assise, del gioielliere Guido Gianni, accusato di eccesso di legittima difesa. La Apostolico era solo parte del collegio di giudici, ma Salvini ritiene in maniera del tutto stupida (non trovo altra definizione) che questa sia ulteriore prova dell’astio nei suoi confronti, in quanto egli si era all’epoca impegnato a difendere l’ipotesi di legittima difesa in favore di Gianni. Tale sentenza, inoltre, è stata confermata in corte d’appello e in cassazione; infine il presidente Mattarella ha recentemente negato la grazia richiesta. Un caso, dunque, che non aveva alcun senso logico invocare, né opportunità qualunque, vista la linearità e compattezza di giudizi e giudici plurimi; ma visto soprattutto il tema rievocato ed estremamente doloroso che riguarda intere famiglie coinvolte in quella storia. Appare quasi uno sciacallaggio.
5. La “lana caprina”
E’ un modo di dire degli operatori di diritto e discende dal latino “De lana caprina”, per indicare questioni prettamente accademiche e fondamentalmente inutili, o comunque di scarso valore. Come la lana di capra dell’epoca.
Non è un quisque de populo che si sta lamentando di un giudice parziale, ma nientedimeno che il governo! Hanno concepito loro la norma; un giudice gliela respinge e glielo spiega; hanno il potere immediato di intervenire e modificare la norma per renderla compatibile a ciò che ne avrebbe causato la censura.
Dunque è pressoché inutile malmenare il magistrato e sollevare un dibattito pubblico (che dovrebbe essere solo tecnico, impossibile per i cittadini). Inutile perché non vogliamo insinuare obiettivi diversi.
6. Le motivazioni dell’ordinanza
Nessuno le ha contestate. E qui si giunge all’apice dell’insensatezza. Ci si è preoccupati esclusivamente di massacrare la giudice a livello mediatico con tutta la potenza di fuoco possibile, scavando nella sua storia, nel privato, nel pubblico, cercando in tutti i modi di delegittimare quello che ha scritto senza mai contestarlo in maniera precisa e puntuale!
Si vuole essenzialmente demolire la persona. E, purtroppo, se ne dovessimo scorgere davvero il senso finiremmo col dire che questo è un chiaro monito all’intera magistratura: non osate giudicare i provvedimenti del governo altrimenti faremo di voi carne da macello mediatico.
Sul caso si è anche espresso il presidente dell’ANM, Giuseppe Santalucia, commentando:
Si accentua la tendenza a giudicare la terzietà del giudice, che va valutata dentro il processo, andando dalla critica del provvedimento, che è legittima, allo screening della persona, cioè vedere chi è il giudice anzichè guardare quello che ha scritto. Sono preoccupato dalla china che si imbocca.
E sono preoccupato anch’io.
Guardando quindi alle motivazioni, come finora non ha fatto nessuno, emerge che la giudice Apostolico ha semplicemente disapplicato il decreto ministeriale sui “migranti”, emanato lo scorso 14 settembre, poiché in contrasto con precise norme comunitarie e richiami di diritto che nell’ordinanza appaiono con chiarezza cristallina. L’ordinanza è consultabile su questionegiustizia.it (link esterno): Trib. Catania 29.9.2023 R.G. 10460/2023. Ma facendo una ricerca la si trova un po’ ovunque.
Non esiste alcun cenno a “dichiarazioni d’incostituzionalità” come diversi personaggi politici e testate giornalistiche hanno costantemente ed erroneamente riportato. La giudice non ha mai dichiarato incostituzionale il provvedimento disapplicato. E non avrebbe potuto farlo.
Nel testo dell’ordinanza, inoltre, la giudice ha premesso quanto dichiarato dal richiedente asilo (il caso di un tunisino 31enne, ma i casi in tutto sarebbero tre, in tre ordinanze distinte), il che è prassi. Ma non ha posto a fondamento della sua decisione tali premesse, come ha fatto invece credere la Meloni dichiarando espressamente che la giudice avesse basato la sua decisione rilevando che la Tunisia non fosse un paese sicuro, che il migrante in patria poteva essere utilizzato come “cercatore d’oro” perché fisicamente prestante, e scagliandosi in generale contro il provvedimento di un governo (il suo - sottolinea Meloni) democraticamente eletto. Nelle motivazioni, invece, è tutto chiaro, asettico, apprezzabile in punta di diritto, e privo di quelli basi riportate dalle Meloni.
Stiamo parlando del Presidente del Consiglio dei Ministri, il capo del governo, che riporta presupposti decisionali inesistenti in danno della giudice Iolanda Apostolico.
Nessuno dei poteri costituzionalmente separati dovrebbe mai confliggere. Pertanto sarebbe già una grave violazione che il potere legislativo (governo) attacchi quello giudiziario (la giudice). Ancor più se si riportano falsità o inesattezze.
7. Lo spettro del dossieraggio
Imbastire attacchi tra differenti poteri è infine insensato perché solleva questioni complesse. Risalire con facilità così estrema nel passato di una persona, identificando quasi nell’immediatezza e con precisione chirurgica tutti quelle situazioni che la possono screditare o mettere in imbarazzo, può ragionevolmente sollevare il sospetto dell’esistenza di una centrale di dossieraggio politico. E ai giorni nostri, con la tecnologia disponibile, una cosa del genere è di facilità estrema.
Ma non è necessaria nemmeno una tecnologia centralizzata, potendosi organizzare come rete di persone che vengono sguinzagliate più o meno autonomamente tra le maglie della rete e del digitale, dove ormai quei “dossier” sono spesso incautamente prodotti dalle stesse persone da attaccare. Questo, ovviamente, non giustifica l’indagine appositamente intromissiva, e determina comunque i medesimi effetti.
Sarebbe un’ipotesi dal potenziale evocativo devastante. Basti pensare che tale pratica è tutt’oggi la prassi più seguita dai sistemi totalitari oppressivi e antidemocratici, laddove un qualunque oppositore non viene quasi mai contrastato in maniera convenzionale (se non di facciata) ma sul piano principalmente personale. Questo è stato sempre il modo più facile di sbarazzarsi di chiunque ostacoli i sistemi autoritari. Paul Valery, negli ambiti molto più tranquilli del dibattito culturale, ci ha lasciato una proverbiale sintesi sulla questione:
Quando non si può attaccare il ragionamento si attacca il ragionatore
(Paul Valéry, scrittore e filosofo francese)
L’ipotesi del dossieraggio, visto il minuzioso screening posto in danno della giudice Apostolico, porta a questa incensurabile riflessione. Perciò sarebbe da evitare, altrimenti si rischia che le fazioni considerate opposte si organizzino allo stesso modo, o comunque in maniera da contrastare questo genere di attacchi. Ne deriverebbe non già il caos, ma quant’altro di peggio si possa pensare.
Perché tutta questa insensatezza?
Beh, l’insostenibile insensatezza dell’essere per oggi termina qui. Non mi sono occupato d’altro, come il giudicare più direttamente e apertamente le ragioni di questa insensatezza, solo per evitare di sporcare i ragionamenti con considerazioni politiche e valutazioni di capacità individuale e complessiva del governo, e dunque il senso che potrebbe alfine scorgersi.
Osservare quest’ultima cosa non sarebbe nemmeno utile, perché sono ormai sistemi ampiamente disallineati dalla contemporaneità. I tempi, per fortuna, mutano.
Base foto: Vignetta satirica del 1897 (di Rock Island Argus), raffigurante un tizio che propose un progetto di legge nell’Indiana (US) per la quadratura del cerchio e altre assurdità matematiche
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