«Che anno sarà?». Vedremo. A quanti auspicano che la propria situazione migliori io auguro vivamente che accada. Ma soprattutto auguro a tutti che trovino la via per migliorare loro stessi, che non è cosa da poco. Credetemi. O ancor meglio credete al consiglio più illuminato a cavallo tra due millenni, ossia quello che volle regalarci Gandhi in una frase di smisurata sintesi e saggezza: «Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo».
Per farlo, occorre avere una visione d’insieme che permetta di dare un senso completamente diverso alle condizioni dei singoli. Altrimenti cadiamo continuamente nello stesso errore di considerare esclusivamente i nostri bisogni. Questo sarebbe un ottimo punto di partenza; un auspicio di cambiamento davvero importante per il nuovo anno.
Voglio riportarvi indietro di qualche mese.
Alla fine di settembre mi ero avventurato in una riflessione scrivendo quell’articolo “Il libretto d’istruzioni dell’umanità: Esiste?”. In proposito vi chiedevo se avevate idea di un eventuale manuale del genere. Ricordate?
Mi ha fatto piacere aver potuto leggere qualche risposta, che in generale mi rinviava ad approfondimenti filosofici o religiosi. Ma io cercavo anche un autore di indubbia credibilità, e non so fino a che punto si può ridurre a un santo, un profeta, un grande filosofo, o altro. Forse… ma occorre andare oltre le parole.
Se immaginiamo questo libretto come scritto da più mani, e nel tempo, allora ci stiamo riferendo a qualcosa che muta. Le cose in effetti cambiano, perché le esigenze della specie umana non sono sempre le stesse. Quindi immaginare un testo che viene costantemente revisionato, come accade con le riflessioni filosofiche, parrebbe una via ragionevole per cercare il nostro manuale.
Ma io cerco il punto di fermo di un principio.
Riflessioni e regole di montaggio, uso e manutenzione, che mutano perché i nostri interessi ed esigenze mutano, non hanno rilievo nei principi.
Sono i principi che governano la nostra esistenza. Assiomi ragionevolmente immutabili, poiché immaginare un loro cambiamento comporta una visione talmente ardita, speculativa e rivoluzionaria, se non distorta, da risultare come minimo stravagante. Si pensi, ad esempio, allo stabilire i confini dell’infinito; oppure a un essere umano che tra centomila anni sarà capace di lievitare librandosi nel cosmo senza necessità di respirare. E cose del genere.
Temporalmente (molto) più vicino a noi potremmo immaginare una società talmente cinica e dispotica da concepire una morale di abbandono o sterminio nei confronti dei soggetti più deboli, più o meno come accade normalmente nel regno animale tramite la selezione naturale. Anche nel genere tassonomico subito dopo l’uomo: tra i primati.
Ma mente nel primo caso i principi sarebbero minati dall’evoluzione, per quanto rivoluzionaria, distante e fantasiosa, nel secondo caso non sono minimamente scalfiti. Una società che deviasse verso la morale ipotizzata si autodistruggerebbe, perché a dispetto degli animali non siamo capaci di far prevalere completamente l’istinto sulla volontà emotiva (volontà *non necessariamente ragionevole). A meno di non regredire a tale stadio animale inferiore, probabilmente perdendo anche il ruolo “alfa” ed estinguendoci a causa della prevalenza di un’altra specie tassonomica.
Siamo dunque nell’immaginario del possibile ma dell’irrilevante. Quindi possiamo validamente postulare principi ragionevolmente immutabili che spiegano come funziona la specie umana. Anche perché, se ammettessimo che il semplice concetto di “possibile” possa influenzare e ostacolare ogni riflessione umana, allora non vi sarebbe più alcun punto fermo e regnerebbe semplicemente il caos. Ed anche questo ci porterebbe all’estinzione.
Possiamo vederla anche nella versione più leggera e accettabile: per vivere ed evolvere abbiamo bisogno di individuare dei punti fermi.
Prima dei principi serve però capire lo scopo degli esseri umani. Qui c’è tanta gente che si è persa e continua a perdersi in un bicchier d’acqua, con riflessioni a limite della follia. Ma ci vuole un attimo a mettere tutti d’accordo: lo scopo di un umano è vivere il più a lungo possibile, soddisfatto e contento. Non vi pare?
La salute (longevità, cure, integrità) è un dato oggettivo che trae esistenza da elementi esterni altrettanto oggettivi (chi si prende cura di noi); mentre soddisfazione e serenità sono condizioni piuttosto soggettive. Tuttavia hanno un confine che è la positività e che è anch’essa oggettiva. Per esempio, c’è chi ama vivere in città e chi in campagna (condizioni positive e soggettive); ma entrambi sarebbero oggettivamente infelici di vivere per strada, al freddo o al caldo torrido (condizioni negative, valide per tutti). Anche i clochard “per scelta” (scelta a cui credo poco…), cercano riparo quando la situazione si fa critica.
Ora possiamo trarre la nostra conclusione oggettiva: siccome l’uomo non può ottenere salute come singolo, né da solo può soddisfare le sue aspirazioni e traguardare le sue mete, allora serve che egli cooperi con i propri simili. Ciascun umano opera per fare una cosa, costruire un obiettivo che a noi piacerà raggiungere, in un’interazione molto fitta di attività che, nel loro insieme, danno senso alla vita e determinano quella soddisfazione e contentezza di ciascuno.
Conclusioni ovvie, me ne rendo conto. Ma quante sono le volte in cui le cose ovvie stridono con il vissuto quotidiano? Tante. Infatti quella è la “dissonanza cognitiva” che ci tormenta, e di cui abbiamo talvolta parlato. Quindi è un gran bene dare senso all’ovvio, ricordarci come siamo arrivati a determinate conclusioni e perché le diamo per scontate. Così possiamo anche rimetterle in discussione, se servisse.
Penso non sia questo il caso; intendo di rimettere in discussione quell’ovvio. Lo accetterei anche perché lo abbiamo rifornito di un senso. Ora potremmo occuparci dei principi.
Il famoso “libretto d’istruzioni” dovrebbe indicarci questi principi, esattamente e con convinzione, dirci come l’uomo può cooperare al meglio per fare in modo che si viva a lungo, in pace, contenti e soddisfatti. E dobbiamo credere che siano i principi corretti, fiduciosi nel suo autore.
Io credo che tale libretto lo abbia scritto Gesù, che tra l’altro qualcuno ha festeggiato da poco. Mi auguro in tanti. E non ha rilievo che da esso discenda la religione cattolica impostata e gestita dall’uomo, né che si osservino i suoi dogmi. A me interessa unicamente la sua autorevolezza e credibilità in quel che ha detto e fatto; ad altri interesserà come figlio di Dio; e ad altri ancora come un grande filosofo. Fate come volete.
Quel che conta è che Gesù Cristo abbia dettato le istruzioni simil-ikea per l’umanità nella frase: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri». Non è stato un postulato filosofico, ma un principio che ha inteso rendere immutabile (quel “ragionevolmente immutabile” trattato sopra), per mezzo del suo estremo sacrificio sulla croce. Dunque la sua credibilità è fuori discussione, se non si dimostra che sia stato un folle.
Onore a Gandhi, che ci ha fornito una sintesi smisurata per arrivare, probabilmente, a comprendere la sintesi inarrivabile di Gesù. Perché è chiaro che per vedere gli altri rispettare questo principio occorre proprio essere «il cambiamento che vuoi vedere nel mondo».
Ed è questo il mio augurio per il 2023.
Base foto: Milena Mazurek da pixabay
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