Che fortuna essere bambini e poter incontrare i maestri! Sentirsi dire che essere gentili e vivere con onestà non è uno svantaggio. Anche in un mondo strano che detta regole strampalate, che affliggono e tormentano anche chi le segue, i maestri te lo dicono chiaro: «Non è colpa tua!». Non devi vivere come gli altri, perché staresti male comunque. Tanto vale star male da persone oneste e gentili; e alla fine scopri che stai meno male di tutti, anzi che stai proprio meglio!
Loro ti spiegano l’etica, affinché tu la comprenda e la sviluppi. Tante risposte le trovi lì, forse tutte. E saprai che le leggi imposte vanno rispettate; così come saprai che nessuna regola può essere contraria all’etica e ledere la tua dignità o quella dei tuoi compagni, tuoi simili. In quel momento i maestri ti diranno di dissociarti, combattere, osteggiare, disobbedire, cambiare le regole! L'uomo e il bene sono al centro delle responsabilità - te lo diranno spesso! - e di tutto il resto occorre prendersi amorevolmente cura. Ti diranno che la libertà non è mai del singolo, ma dell'intera comunità dove esso decide di integrarsi. E poi imparerai anche l’aritmetica, la storia, la geografia, il perché oggi è così ma ieri era diverso, e accadono sempre cose.
I maestri che ti insegnano tutto ciò brillano come il sole, sono fari che illuminano la tua strada e ti svelano segreti, anfratti, angoli bui dove scorgi altre gemme preziose, nel sentiero che si sta per aprire partendo dalla tua mente e tracciando il miglior cammino. Come nessun altro, i maestri ti renderanno consapevole. Pienamente autonomo e padrone di te stesso.
Se incontri i maestri, crescerai davvero. E se hai la fortuna di averli anche in casa, allora diverrai invincibile! Perché sarai costantemente preso per mano.
Da adulti le cose cambiano. La forma acquisita può diventare molto difficile da rimodellare, anche con i migliori maestri di quest’altro momento di vita. Non è più tempo di maestri, non li cerchiamo più, non ci crediamo più, non ne vogliamo più. Anzi, ci irrita sentir qualcuno definire altri “maestri”. Ed è saggio dubitarne, perché da un certo momento non dovrebbero esisterne più. Potremmo sbagliarci sul loro conto; seguire illusioni e piacevoli fantasie negate al “noi” bambino, quanto i maestri c’erano. O potevano esserci.
Quando servivano, non erano lì non solo per insegnare le basi più elementari della cultura. Quelli che si definiscono solo docenti non hanno compreso che sono comunque maestri, e influenzeranno il bambino volenti o nolenti. La delicatissima fase di vita che si percorre durante gli anni della scuola primaria è la “fase spugna”: i bambini apprendono soprattutto osservando e sono principalmente interessati al comportamento, agli atteggiamenti, al modo in cui i maestri approcciano: il loro esempio! Similmente a quanto avviene tra le mura domestiche, con i genitori o chi se ne prende cura affettivamente.
E’ il momento in cui le fondamenta della mente si modellano in maniera quasi immutabile. Gli unici rimedi per sfuggire a modelli sbagliati, per chi non ha bravi maestri, sono quelli di avere già un’innata predisposizione critica sul bene e sul male, come anche una solida base familiare di stimoli e principi. O entrambi. Ma oggi è difficile. Molti possono contare solo sulla condizione innata.
Ora, sui social è stata posta una domanda sagace, pressappoco di questo tenore: «Sarebbe giusto che un docente della scuola primaria guadagnasse quando un docente universitario?».
Qualche anno fa, durante la presentazione di un suo libro, anche Galimberti disse: «Alle maestre occorrerebbe dare lo stipendio dei professori universitari perché fanno un lavoro pazzesco [...] io darei lo stipendio da professori universitari alle maestre e quello dei maestri ai professori universitari» (Forum Monzani, Modena, 2018).
Galimberti è sempre molto netto nelle affermazioni. Purtroppo io ricordo ancora l’infelice uscita sui Promessi Sposi, che a suo parere fuorvierebbe le giovani menti 1. Ma ciò non impedisce di concordare con quest’altro suo pensiero. Purché si parli degli stessi maestri di cui ho appena narrato; non di gente da premiare per la sua “immane pazienza”. Questa è forse la differenza tra la mia riflessione e il pensiero probabilmente sotteso da Galimberti, che comunque conserva il pregio di dare lustro ai maestri di scuola.
Va bene, allora. Se proprio dobbiamo guardare al “vil denaro”, ritengo talmente importante il ruolo dei maestri che darei loro tranquillamente lo stipendio di un senatore della Repubblica. Altro che docenti universitari.
Ma non dimentichiamo la loro formazione, non dimentichiamo l’incipit! Oggi è tutto, ancora, molto inadeguato similmente al loro stipendio. Missione etica che avvertono solo in pochi, e che l’hanno maturata nel profondo dell’anima sapendo di non essere di fronte a studenti qualsiasi, ma giovani vite che stanno iniziando ad assaporare la vita stessa. E guai a fargli provare il disgusto dei sapori più amari, “per temprarli”, com’è irragionevolmente d’uso.
Che differenza c’è tra i bravi medici che salvano vite per missione, come il grande Gino Strada di cui è appena trascorso l’anniversario dalla morte, e i bravi maestri che curano la formazione delle future generazioni? Beh, forse questi ultimi sono ancora più importanti dei primi, perché è anche grazie a loro che ci saranno quei futuri, bravi, medici.
base foto: ”Bambina che scrive” (XIX sec., tavola 15x27), Telemaco Signorini
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"La radice di un pensiero", disponibile su fai.infomrazione.it cliccando sul link. Il contenuto verrà presto archiviato anche qui. ↩
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